Camorra, costosi regali, soffiate da parte di funzionari pubblici e forze dell’ordine corrotti, appalti truccati, estorsioni: c’è di tutto nella nuovo ordinanza di custodia cautelari con 35 persone legate ai Casalesi arrestate oggi su disposizione del Gip di Napoli, Giovanna Cervo.
Tra gli arrestati ci sono Nicola Schiavone, il fratello Vincenzo Schiavone e Dante Apicella: nomi importanti per la Procura di Napoli in quanto da sempre – almeno dagli anni 80 – esponenti di spicco del clan dei Casalesi ma con funzioni direttive e da colletto bianco, ovvero da rappresentanti di quell’area grigia capace di accaparrarsi appalti pubblici, come quelle nelle ferrovie o indetti da enti locali.
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Ma anche di garantire la sopravvivenza attuale di un clan i cui capi, insieme a killer ed estorsori, sono tutti in carcere. Tutti gia’ imputati nel maxiprocesso ai Casalesi “Spartacus”, con Apicella condannato cosi’ come Vincenzo Schiavone, mentre Nicola e’ stato assolto. Per i tre, il Gip di Napoli Giovanna Cervo ha disposto il carcere con l’accusa di associazione camorristica (con Apicella, da anni detenuto, sono stati arrestati anche il fratello Vincenzo e il nipote Pietro).
Nicola e Vincenzo Schiavone sono ritenuti i prestanome storici di Francesco Sandokan Schiavone, di cui sono cugini, e per conto del quale hanno gestito le sue tante attivita’ economiche, tanto da foraggiare continuamente la famiglia Schiavone; e proprio quando il rubinetto dei fratelli Schiavone si e’ chiuso, il figlio primogenito di Sandokan, si chiama anch’egli Nicola Schiavone, ha deciso di iniziare a collaborare con la giustizia.
Anche Dante Apicella era uno dei piu’ fidati collaboratori del capo, tra gli esponenti piu’ in vista del clan con mega-villa a Casal di Principe, poi confiscata dallo Stato e che ora ospitera’ il nuovo Commissariato della Polizia di Stato.
In una delle intercettazioni presenti nell’ordinanza del gip Cervo, risalente all’8 novembre 2014, emerge anche il progressivo allontanamento di Giuseppina Nappa, moglie di Sandokan, dal marito che lei ritiene colpevole di avere messo in difficolta’ l’intera famiglia e di avere trascinato i figli sulla sua strada.
Le sorelle di Sandokan, invece, accusano la cognata di avere prosciugato le risorse. Inoltre, nel colloquio in carcere del 7 luglio 2018, Giuseppina Nappa si presenta per preannunciare la scelta degli figlio Nicola di avviare una collaborazione con la giustizia.
Figurano anche un paio di costosi gemelli d’oro di Cartier, del valore di 600 euro, tra i beni che un ex dirigente di RFI avrebbe ricevuto in cambio dei suoi “servigi”. Nell’ambito “di un duraturo rapporto corruttivo”, scrive il gip (l’inchiesta spazia da gennaio 2018 a inizio aprile 2019) i funzionari indagati avrebbero ricevuto doni alimentari, cravatte di pregio, oggetti di vario tipo, soggiorni alberghieri e costose cene.
Due ex dirigenti, inoltre, avrebbero ottenuto periodicamente, somme di denaro in contanti, di circa mille euro mensili. Per tutti, infine, Nicola Schiavone si era offerto di intercedere presso i vertici di RFI con i quali era in rapporti, per sostenere le carriere dei funzionari.
“Nico’ questo ovviamente noi non potremo mai saperlo. Anche se segretato: 37367 del 2017. Giudice Arlomede”. Cosi’ l’imprenditore napoletano Crescenzo De Vito informava nel gennaio 2019 il consulente Nicola Schiavone, ritenuto prestanome di lunga data del capo dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone, di un’indagine anticamorra che li riguardava, e che oggi li ha portati entrambi agli arresti (35 in totale gli arresti).
Per Nicola Schiavone, il Gip di Napoli, Giovanna Cervo ha disposto il carcere per associazione mafiosa e reati relativi ad appalti di Rfi finiti ad aziende colluse, per De Vito i domiciliari in relazione proprio alla rivelazione del segreto istruttorio.
Per quest’ultima contestazione sono indagati anche l’avvocato Matteo Casertano del foro di Napoli Nord – finito ai domiciliari – il funzionario dell’Istituto di Credito Banca Popolare di Torre Del Greco Francesco Chianese, per il quale il Gip ha disposto il divieto di esercitare attivita’ bancaria e creditizia per sei mesi, e un carabiniere in servizio alla Procura di Napoli, per il quale il Gip decidera’ su eventuale sospensione dal servizio dopo l’interrogatorio di garanzia che si terra’ nei prossimi giorni.
Secondo quanto ricostruito dalla Procura partenopea (sostituti Antonello Ardituro e Graziella Arlomede), a diffondere per primo il segreto investigativo sarebbe stato il bancario Francesco Chianese, che nel settembre 2018 riceve il decreto di esibizione di documenti da parte della Dda di Napoli relativo a varie aziende che hanno conti nella banca, tra cui la Macfer srl di De Vito.
Nel decreto sono riportati il numero del procedimento penale, il magistrato procedente e la polizia giudiziaria delegata, e il funzionario passa queste informazioni a De Vito; questi si rivolge quindi al cugino, l’avvocato penalista Casertano che a sua volta compulsa il carabiniere della Procura per avere info piu’ approfondite sull’indagine.
Tutte le notizie riservate che De Vito riesce a sapere le gira a Nicola Schiavone, e cio’ emerge dalla rilevante conversazione del 7 gennaio 2019, in cui De Vito e Schiavone parlano di “RG”, riferendosi al registro generale delle notizie di reato; i due abbassano la voce per paura di essere intercettati, ma i carabinieri annotano e accertano che il primo da’ al secondo le cifre del fascicolo e il nome del pm e anche il reparto dell’Arma procedente (“Comando Carabinieri Caserta”).
“Allora loro devono avere tutta la documentazione, tanto noi facciamo quello che abbiamo fatto venti trent’anni fa” dice Schiavone; “ci colleghiamo all’indagine” gli fa eco De Vito. I due pensano che si tratti di roba vecchia. “Da 15 a 20 anni a questa parte, non ci sono reati penalmente rilevanti” sottolinea Schiavone cercando di tranquillizzare De Vito. “E’ colpa di Cosentino” dice quest’ultimo De Vito.
Gli indagati hanno provato ad avvicinare anche un altro carabiniere in servizio fino al maggio 2020 alla segreteria del Procuratore, ma il militare non si e’ mai prestato al gioco, come confermato in un interrogatorio al pm.
Figura anche quello riguardante le centraline di sicurezza tra gli appalti di RFI finiti a ditte riconducibili alla fazione Schiavone del clan dei Casalesi: lo sostiene la Procura di Napoli che ritiene centrale, in quest’inchiesta, la figura di Nicola Schiavone, 68 anni, amico di lunga data di Francesco Schiavone, conosciuto anche con il soprannome di “sandokan” e, proprio in virtu’ di questa amicizia, gestore delle risorse accumulate dal boss detenuto della mafia casalese.
Oggi, su richiesta dei sostituti procuratori Antonello Ardituro e Graziella Arlomede, sono state notificate 35 misure cautelari che riguardano anche quattro ex funzionari di Rete Ferroviaria Italiana, in servizio all’epoca dei fatti contestati.
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