Cinque numeri, un anno e un cognome: 37367 – 2017, Arlomede. Era questa la ‘soffiata’ arrivata agli imprenditori legati al clan dei Casalesi che si spartivano appalti ottenuti con sistemi corruttivi. Un modo per avvisarli: stanno indagando su di voi.
Il numero era quello del registro notizie di reato, la data era quella dell’apertura del fascicolo di indagine, Arlomede il nome del pm che ne era titolare. Ecco quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare per 35 persone legate per gli inquirenti alla fazione Schiavone della cosca che cosi’ investiva nell’economia legale e riciclava.
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“Nicola questo ovviamente noi non potremo mai saperlo. Anche se segretato: 37367 del 2017. Giudice Arlomede”, diceva il 20 gennaio del 2019 l’imprenditore napoletano Crescenzo De Vito al telefono con Nicola Schiavone, cugino del boss dei Casalesi, figura centrale dell’inchiesta.
Per rivelazione di segreto istruttorio, De Vito e’ ai domiciliari e sono indagati l’avvocato Matteo Casertano, anch’egli ai domiciliari, il funzionario dell’istituto di Credito Banca Popolare di Torre Del Greco, Francesco Chianese, per il quale il gip ha disposto il divieto di esercitare attivita’ bancaria e creditizia per sei mesi, mentre un carabiniere in servizio alla Procura di Napoli e’ solo indagato.
A diffondere per primo il segreto investigativo sarebbe stato Chianese, che nel settembre 2018 riceve il decreto di esibizione di documenti da parte della Dda di Napoli relativo a varie aziende che hanno conti nella banca, tra cui la Macfer srl di De Vito.
Il funzionario passa queste informazioni a lui; questi si rivolge quindi al cugino, l’avvocato penalista Casertano che a sua volta chiama il carabiniere della Procura per avere informazioni. Tutte le notizie riservate che De Vito riesce a sapere le gira a Nicola Schiavone. Tutto emerge nella telefonata del 7 gennaio 2019.
“Allora loro devono avere tutta la documentazione, tanto noi facciamo quello che abbiamo fatto venti trent’anni fa” dice Schiavone. “Da 15 a 20 anni a questa parte, non ci sono reati penalmente rilevanti” sottolinea Schiavone cercando di tranquillizzare De Vito.
“In relazione all’indagine della Procura della Repubblica di Napoli sull’interesse di alcuni clan per gli appalti ferroviari, Rete Ferroviaria Italiana ha sospeso in via cautelare i dipendenti coinvolti che risultano a oggi ancora in organico. Altri quattro ex dipendenti, raggiunti da provvedimenti restrittivi della Procura, e gia’ in passato oggetto di indagine della stessa Procura, sono stati licenziati e non sono piu’ in organico”.
Cosi’ in una nota Rfi, dopo l’esecuzione di 35 misure cautelari per una indagine che riguarda appalti ferroviari e di manutenzione strade assegnati a ditte ‘amiche’ del clan dei casalesi.
“La Societa’, che si ritiene parte lesa, nel confermare la propria fiducia nell’operato degli inquirenti, ai quali ha offerto nel corso delle indagini la piu’ ampia collaborazione, si e’ attivata al fine di acquisire le notizie necessarie per valutare le piu’ opportune azioni da adottare a propria tutela anche nei confronti delle imprese coinvolte”, prosegue la nota. Rfi “ha avviato da tempo un lavoro per rafforzare le azioni contro i tentativi di infiltrazione criminale negli appalti e per individuare soluzioni a contrasto ancora piu’ efficienti e tempestive”.
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