Salerno. Secondo i dati in possesso della Direzione Investigativa Antimafia, che ieri ha trasmesso al Parlamento la Relazione relativa al primo semestre 2021, la provincia di Salerno è letteralmente cinta d’assedio, da nord a sud e da est a ovest, da ben sedici organizzazioni criminali, che controllano il territorio per sfere d’influenza.
La Dia pubblica anche una cartina della provincia, dalla quale si evince con sufficiente chiarezza la penetrazione dei clan nei diversi comprensori. Con una novità abbastanza inquietante: la penetrazione dei Casalesi nel Vallo di Diano, una zona tradizionalmente molto permeabile, ma da sempre inghiottita da un cono d’ombra. Nella relazione viene riportato l’allarme lanciato dal Procuratore della Repubblica di Potenza, Francesco Curcio, il quale ha osservato che “c’è un colonialismo criminale del Vallo di Diano molto preoccupante perché questa terra fino a poco tempo fa era completamente libera da queste logiche”.
“La provincia di Salerno – si legge nella relazione – presenta uno scenario criminale particolarmente disomogeneo con aspetti che mutano in ragione delle peculiarità geomorfologiche, economiche e sociali tipiche dei contesti territoriali estremamente diversificati sui quali insistono i vari sodalizi. Dalla zona urbana del capoluogo, all’Agro Nocerino-Sarnese e alla Valle dell’Irno, dalla Costiera Amalfitana alla Piana del Sele, al Cilento e al Vallo di Diano si assiste all’esistenza di strutture che sono adattate alla situazione in cui esercitano la loro operatività.
La complessità del fenomeno sarebbe aggravata dalla contestuale presenza operativa di organizzazioni di tipo camorristico con genesi e matrici criminali diverse anche napoletane e casertane, nonché dagli interessi sul territorio di gruppi mafiosi di origine extraregionale segnatamente calabresi e lucani. Nel corso di un’indagine che nel gennaio 2021 ha colpito la cosca calabrese dei Pisano è emerso tra i reati contestati ad uno degli elementi della consorteria calabrese il favoreggiamento della latitanza in una struttura ricettiva di Battipaglia.
L’equilibrio maturato nei rapporti tra cosche – scrivono gli analisti della Dia – si basa sulle stabili e consolidate convergenze di interessi cui sono finalizzati accordi, alleanze e collaudati canali di collegamento che con- sentono di evitare situazioni conflittuali e scontri. Sono significativi al riguardo gli esiti della complessa operazione “Petrolmafie”, che ha evidenziato come la cosca calabrese Mancuso di Limbadi (VV), servendosi dell’opera di sodali e di imprenditori di comodo abbia di fatto instaurato sinergie imprenditoriali con clan mafiosi del catanese e consorterie criminali campane infiltrando il settore del commercio dei prodotti petroliferi e degli oli minerali. Tra i professionisti risultano coinvolti un commercialista di Nocera Inferiore ed un avvocato originario di Vallo della Lucania trasferitosi a Roma”.
Secondo la relazione, nella città di Salerno permarrebbe il ruolo egemonico del clan D’Agostino, “in particolare per il traffico e spaccio di stupefacenti, le estorsioni, l’usura e le rapine. Contestualmente – è scritto nella relazione – si registrerebbe la presenza di gruppi emergenti che tentano di affermarsi negli spazi rimasti liberi dopo l’esecuzione di provvedimenti restrittivi a carico degli esponenti della storica congrega camorristica”.
Poi, un’amara verità ormai sotto gli occhi di tutti: “Si conferma – evidenziano gli analisti della Dia – la rilevanza strategica dell’area portuale commerciale “Manfredi” di Salerno che riveste notevole importanza per lo sviluppo dei traffici commerciali dell’area mediterranea. In effetti la favorevole posizione avrebbe trasformato il porto in uno dei principali hub finali del commercio degli stupefacenti nonché di tabacchi lavorati esteri”.
“I sodalizi più strutturati dell’Agro nocerino-sarnese avrebbero – secondo i dati in possesso della Dia – sviluppato collaudati canali con le pari organizzazioni criminali del napoletano e del casertano non solo per il traffico e spaccio di sostanze stupefacenti ma anche per l’infiltrazione negli appalti finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche ovvero per la fornitura di servizi e manutenzione delle infrastrutture e dei beni demaniali, nonché per la gestione dello smaltimento dei rifiuti. A Nocera Inferiore si rileverebbe la presenza del gruppo Mariniello, che nel recente passato avrebbe reinvestito i proventi illeciti derivanti dal traffico di stupefacenti e dalle estorsioni in attività commerciali quali bar e sale da gioco.
Nel contempo si sarebbe constatata la comparsa di nuove leve criminali attive soprattutto nello spaccio degli stupefacenti Sul territorio di Sarno è insistente il clan Serino, i cui affiliati sono dediti alle estorsioni, all’usura e al traffico di stupefacenti riciclando poi i proventi illeciti in attività commerciali”. E a San Valentino Torio “si riscontrerebbe la presenza di pregiudicati già in passato affiliati all’organizzazione camorristica denominata Nuova Famiglia”, mentre “nei centri montani di Sant’Egidio del Monte Albino e Corbara opererebbe un gruppo emanazione del clan Sorrentino anch’esso dedito alla gestione delle attività illecite sul territorio”.
A Pagani “sarebbe egemone il sodalizio Fezza-Petrosino D’Auria che, sebbene indebolito dalle collaborazioni con la giustizia intraprese da alcuni affiliati sembra poter contare ancora su un notevole numero di sodali e su ingenti disponibilità economiche derivanti dall’usura, dalle estorsioni e dal traffico di stupefacenti vantando una fitta rete di collaborazione con altri sodalizi campani”. Ai confini con la provincia di Napoli, “recenti attività d’indagine hanno confermato come nel Comune di Scafati e zone limitrofe convergano le attività delittuose dei sodalizi D’Alessandro, Cesarano e Ridosso-Loreto.
In particolare a carico di esponenti di vertice del clan Cesarano la Dia ha eseguito la misura cautelare del divieto di dimora nei comuni della Regione Campania e del divieto di esercitare imprese e ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche ed imprese per la durata di un anno. I destinatari del provvedimento risultano indagati per fittizia intestazione di beni allo scopo di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione con l’aggravante di aver commesso il fatto per favorire l’associazione di tipo mafioso”. A Cava de’ Tirreni, secondo la Dia, “permarrebbe l’influenza criminale del clan Bisogno, che continua a gestire le attività illecite sul territorio cittadino”.
Dalla penetrazione criminale non sarebbe esclusa nemmeno la Costiera amalfitana: “A Vietri sul Mare, stando a pregresse risultanze investigative – è scritto nella relazione – si rileverebbe l’interesse criminale di un gruppo delinquenziale composto da membri della locale famiglia Apicella già in passato colpita da provvedimenti restrittivi per aver imposto servizi di soccorso, rimozione e custodia giudiziale dei veicoli con proprie ditte, nonché per aver gestito abusivamente stabilimenti balneari”.
I Casalesi nel Vallo di Diano
Le operazioni “Febbre oro nero” e “Shamar” hanno documentato gli interessi della famiglia Schiavone (cartello dei CasalesiI) nell’area del Vallo di Diano. Le due indagini ne hanno ricostruito “le attività di riciclaggio nel commercio degli idrocarburi, nonché di gestione illecita con metodo mafioso di un processo di smaltimento di rifiuti speciali altamente pericolosi molti dei quali stoccati direttamente nell’area.
Considerata la nota capacità del crimine organizzato di adattarsi rapidamente ai mutamenti socio-economici anche a quelli conseguenti alla crisi prodotta nell’economia legale dalla pandemia accanto alle tradizionali forme di riciclaggio dei proventi illeciti negli ambiti immobiliare dell’edilizia e del commercio si sarebbe recentemente assistito anche al cosiddetto “money dirtying”, ovvero al reimpiego di cospicue disponibilità finanziarie di provenienza lecita in attività illecite che favorite dalla vis mafiosa garantiscono, in ogni caso, l’obiettivo del massimo profitto. Tali cointeressenze tra esponenti dell’imprenditoria legale e di quella mafiosa hanno prodotto una certa rimodulazione degli investimenti”.
Nelle aree più contigue al capoluogo, nella relazione si legge che a Battipaglia “appare permanere l’egemonia criminale del clan Pecoraro-Renna nonostante si siano verificate nel tempo scissioni ad opera di alcuni affiliati che hanno costituito autonomi gruppi criminali”. Mentre “sul territorio che comprende i comuni di Bellizzi, Pontecagnano Faiano, Montecorvino Rovella e Montecorvino Pugliano si riscontrerebbe l’operatività del clan De Feo nella gestione e nel controllo delle attività illecite”.
Infine il Cilento, caratterizzato come il Vallo di Diano e la Costiera amalfitana “da una silente presenza di organizzazioni criminali la cui attività tende soprattutto al condizionamento del settore degli appalti per la realizzazione di opere pubbliche”. L’unico centro citato dalla relazione è Agropoli, dove “permarrebbe l’attività criminale della famiglia di nomadi stanziali Marotta dedita ai reati di tipo predatorio, all’usura, al traffico di stupefacenti e al riciclaggio di capitali illecitamente accumulati”.
Poche righe, invece, il documento dedica alla criminalità d’importazione: “Merita menzione l’incidenza sul territorio di una delinquenza straniera prevalentemente proveniente dagli Stati del Maghreb, dalla Romania, dall’Albania e dall’Ucraina e per lo più dedita allo sfruttamento e al favoreggiamento della prostituzione, nonché alla commissione di reati predatori”.
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