Napoli. Per rivendere la copia del Salvator Mundi sarebbe scesa in campo direttamente la donna boss Maria Licciardi ‘a piccirella, per anni a capo dell’omonimo clan e del cartello dell’Alleanza di Secondigliano.
L’ipotesi della procura partenopea, e’ che nel furto e nella possibile vendita o fruizione del dipinto sia coinvolto la potente cosca Licciardi. Questo quanto emerge dopo la notifica del provvedimento restrittivo notificato da carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale e dalla Squadra Mobile di Napoli, con la collaborazione del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri di Napoli nei confronti di sei persone, tra le quali il collaboratore familiare del convento di San Domenico Maggiore.
La copia del Salvator Mundi, dipinto di scuola leonardesca risalente al XV secolo e attributo a Girolamo Alibrandi, si trovava all’interno del museo Doma della basilica di San Domenico Maggiore a Napoli, ma nessuno accedeva allo spazio in cui era conservata dal marzo 2020.
Era custodita in una teca, mai aperta dai tempi del lockdown. Quindi, non vi era stata alcuna denuncia di furto del Salvator Mundi prima che il priore della basilica fosse avvisato del ritrovamento.
Il quadro era coperto da due involucri di plastica e carta e si trovava all’interno di un appartamento di via Strada Provinciale delle Brecce in casa di S. V., un napoletano di 36 anni fermato per ricettazione.
Il valore dell’opera non è quantificato, ma l’originale Salvator Mundi attribuito a Leonardo Da Vinci è stato venduto all’asta a una cifra pari a 480 milioni di euro.
Oggi è stato eseguito un provvedimento di fermo nei confronti di sei persone, tra le quali il collaboratore familiare del convento di San Domenico. A fare da intermediario, sarebbe stata proprio Maria Licciardi, arrestata dal Ros di Napoli lo scorso agosto, all’aeroporto romano di Ciampino dal quale era in procinto di partire per la Spagna per raggiungere la figlia che gestisce alcune strutture alberghiere.
Articolo pubblicato il giorno 26 Aprile 2022 - 22:23