Carabinieri sul luogo dell'omicidio avvenuto nella notte nel quartiere Ponticelli, Napoli, 06 ottobre 2021. La vittima, Carmine D'Onofrio, 23enne incensurato, e' il figlio illegittimo di Giuseppe De Luca Bossa, a sua volta fratello di Antonio De Luca Bossa, elemento di vertice dell'omonimo clan di camorra. ANSA/ CIRO FUSCO
Napoli. Il boss Marco De Micco, capo dei famigerati Bodo di Ponticelli, indicato dalla Dda di Napoli come mandante dell’omicidio del giovane Carmine D’Onofrio, il 6 ottobre del 2021.
Con lui su disposizione della Dda di Napoli (pm Antonella Fratello) sono stati fermati Salvatore Alfuso, Giovanni Palumbo, Ciro Ricci, Giuseppe Russo, Ferdinando Viscovo. Mentre è indagata la madre del boss, Maddalena Cadavero, viene intercettata mentre incita il figlio a consumare una vendetta dopo aver subìto l’agguato sotto casa. Sarebbe stata questa la causa scatenante dell’omicidio del 23 enne figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa e quindi nipote del boss Antonio detto “Tonino ’o sicco”.
Il giovane aveva provato a cambiare vita, lo aveva anche promesso alla compagna incinta, aveva avuto un ruolo di comparsa in Gomorra e aveva lavorato come barista poi il triste destino che accomuna molti giovani del quartieri a rischio di Napoli come Ponticelli aveva cominciato a frequentare il Lotto 0 di Ponticelli, zona controllata dai De Luca Bossa, appunto.
Nelle mani degli investigatori ci sono una serie di informative ma soprattutto intercettazioni ambientali che lo indicano come presunto responsabile del lancio della bomba in via Piscettaro nel settembre del 2021 sotto casa dei De Micco ma anche di altre due. E il boss Marco De Micco lo aveva saputo e non poteva restare in silenzio. Aveva programmato tutto tanto da precostituirsi un alibi per la sera dell’omicidio di Carmine D’Onofrio dormendo per due sere in una camera d’albergo sul Lungomare di Napoli con la moglie.
A fare il nome di Carmine D’Onofrio ai De Micco- come emerge dall’inchiesta- è stato il 18enne Giovanni Mignano , arrestato nell’ottobre scorso insieme con altri 10 affiliati ai De Luca Bossa. Il giovane, figlio di Giuseppe detto Peppe scè scè, un affiliato ai De Luca Bossa uccisa nella guerra con i Sarno nel 2002, aveva indicato in u certo “Carmine” come colui che aveva lanciato la bomba. per i De Micco sarebbe stato semplice individuarlo e pianificare la sua morte.
Agli atti dell’inchiesta c’è anche la testimonianza di una mica della giovane vittima che- come riporta Il Roma – ha raccontato agli investigatori: “Mi videochiamò con il whatsapp e mi chiese se avevo saputo cos’era successo a Ponticelli. Io risposi di no e lui disse con tono compiaciuto: ho buttato io la bomba sotto casa dei De Micco con un biglietto su cui era scritto “siete le palle dei De Luca Bossa”. Poi mi comunicò che non poteva uscire per un po’ da casa perché sarebbe stato pericoloso e l’avrebbero ammazzato. Infine aggiunse che era la terza e ultima volta che metteva un ordigno perché voleva godersi la famiglia. Notai che era molto agitato”.
Ma ad incastrare il boss Marco De Micco e il gruppo di fuoco ci sono le intercettazioni ambientali nella sua abitazioni che sono agli atti del fermo della Dda di Napoli. Questi i passi salienti anticipati sempre dal quotidiano Il Roma: “Facciamo il morto là dietro…sfondalo dietro la schiena! Schiattalo Cirù”…noi massimo 30 secondi e dumm!! Dumm!! Dumm!! E spara”. E’ il capo dei Bodo che parla e dà indicazioni ai suoi.
E ancora: “Fai vedere come si spara…è un morto che cammina!!”, “facciamo il morto là dietro”, “ha fatto capire che comando io”, “stava uccidendo a noi…questi devono morire!”, “lo devono atterrare e non lo devono far trovare perché è una lo- ta”, “sfondalo dietro la schena”, “vai per ucciderlo”, “lo devi sparare bene. Ferdinando!”, Sparalo, uccidilo”.
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