Debutta giovedì 7 aprile al Teatro Tram la nuova produzione di Teatro dell’Osso e Teatro Tram, “Le Buste”, testo e regia di Gennaro Esposito. Fino a domenica 10 in scena sul palco della sala di via Port’Alba Marta Chiara Amabile, Giuseppe Di Gennaro e Enrico Disegni.
Lo spettacolo racconta la storia di Asia, Federico e Tommaso, tre amici, performer e giovani artisti disoccupati che, a loro modo, cercano di farsi notare nel mondo delle performance artistiche, guadagnandosi così attenzione e riconoscimento.
Per questo una volta a settimana mettono in scena, all’interno di una vetrina di un negozio sfitto, il ripetersi della vita quotidiana, indossando una busta sul viso che ne cela l’identità. L’esperimento non sembra portare a grandi frutti, finché un giorno, un avvenimento cambia totalmente le carte in tavola.
“La genesi dello spettacolo mi è capitata tra le mani per puro caso – spiega l’autore e regista Gennaro Esposito –. Mi trovavo a cena in un noto fast food, quando ho visto questo ragazzino mangiare indosso sul viso la busta dello stesso, per nascondersi. Seppur tutti intorno a lui non facevano altro che ripetere le stesse medesime azioni, lui si era reso unico e allo stesso tempo uguale agli altri poiché privo di una reale identità. Partendo dall’assurdo, dal gioco continuo tra il reale e il realistico, abbiamo con gli attori elaborati le anime dei personaggi, provando a tenerli per tutto il tempo con una piede dentro la linea della normalità e l’altro ben oltre quello della follia”.
“Le Buste” fanno ridere, nel senso più ampio. I tre protagonisti sono comici, ma spesso non se ne rendono conto. Sono buffi mentre cercano di essere serissimi. Nel tentativo di differenziarsi da ciò che condannano, da ciò che mettono in mostra, essi compiono un percorso dantesco nei gironi dei loro stessi innumerevoli peccati.
Per poi ritrovarsi ugualmente in un inferno, piuttosto che ascendere perlomeno al purgatorio. Non è dato modo, se non con l’immaginazione, allo spettatore di vedere cosa fanno esattamente durante le loro performance. Nessuno di loro mostra mai le “stigmate” del vero artista, la passione e il senso di sacrificio adatto al compito che hanno deciso di compiere.
Come degli scappati di casa, come dei personaggi vaganti, essi si ritrovano in questo posto senza avere neppure una vera e propria coscienza del cosa li riconduca lì. Eppure, nei loro ingenui sogni, c’è qualcosa di così vero, di così vivido, da rendere facile all’occhio umano dello spettatore ritrovarci un pezzo di sé in quello specchio rivolto verso il pubblico.
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