Covid, Sergio Abrignani: “Quarta dose a tutti non ha senso. Estendere la quarta dose anche al resto della popolazione avrebbe un senso molto emotivo e poco scientifico.”
“Il ceppo Wuhan, arrivato in Lombardia a gennaio-febbraio 2020, era relativamente poco infettivo. Aveva un R0 di 2.5, vuol dire che un infettato poteva infettare a sua volta due persone e mezzo. Con la variante Alfa il numero è salito a 4. Con la variante Omicron2 R0 invece è attorno a 13-15. Questo vuol dire che all’inizio della pandemia il numero di infettati nel periodo di picco era 30-40mila al giorno, con Omicron siamo arrivati a più di 200mila ed era sicuramente un numero sotto stimato. Nei primi venti mesi di pandemia si è probabilmente infettato un 8-10 per cento di cittadini lombardi. Con l’arrivo di Omicron, solo negli ultimi quattro mesi è probabile che si sia infettato almeno un quarto dei lombardi”.
Così, a Fanpage.it, Sergio Abrignani, immunologo dell’Università degli Studi di Milano. E sulla quarta dose di vaccino sottolinea: “Come sappiamo da altri vaccini contro malattie infettive (ad esempio epatite B), le vaccinazioni ripetute più del classico schema delle tre dosi, possono essere utili agli immuno-compromessi e ai fragili (over 80 e ospiti delle rsa). Per tutti gli altri casi la quarta dose non porta nessun vantaggio significativo in termini di protezione dalla malattia severa. I dati disponibili oggi indicano che nei soggetti non fragili, quindi per la stragrande maggioranza degli italiani, bastano le tre dosi di vaccino anti-COVID e che estendere la quarta dose anche al resto della popolazione avrebbe un senso molto emotivo e poco scientifico. Mi lasci anche dire che più che pensare alla quarta dose dovremmo pensare a vaccinare con la terza dose quei milioni di italiani che hanno ricevuto solo due dosi e che forse non sanno che 5-6 mesi dopo la seconda dose la protezione dalla malattia severa scende al 60-70 per cento”.
E aggiunge: “Il prossimo autunno circolerà ancora il virus, questo è molto, molto probabile. La stragrande maggioranza degli italiani è però vaccinato. A rischio elevato di ospedalizzazione restano comunque gli over 50 non vaccinati e gli over 80 vaccinati con multiborbidità. Di quelli che finiscono in terapia intensiva la maggioranza non è vaccinato, di quelli che muoiono la maggioranza non è vaccinata o è vaccinata con una dose o con due dosi da più di 4 mesi. Ma se contiamo che in Italia fra gli over50 i non vaccinati sono circa il 6 per cento (1,6 milioni su 26,8 milioni di over 50) chiaro che i vaccinati hanno una protezione contro la malattia severa e la morte di circa 20 volte in più rispetto a un non vaccinato. L’ISS ha stimato che negli ultimi 16 mesi con i vaccini abbiamo evitato circa 150mila morti da Covid”.
Articolo pubblicato il giorno 15 Aprile 2022 - 10:21