“La Camorra non ha perso il suo volto violento, senza il quale non vi sarebbe controllo del territorio … come dimostra la posizione dell’imprenditore Fabio Oreste Luogo, e’ divenuta un soggetto economico, con le caratteristiche della imprenditorialità”.
Lo scrive il gip di Napoli, Isabella Iaselli, nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dopo l’indagine dei carabinieri sugli appalti pilotati al Cira di Capua per cui ci sono 11 indagati. Il gip si riferisce a come Luongo sia interno al gruppo Schiavone dei Casalesi e il tramite per la prosecuzione delle attivita’ illecita di un altro imprenditore, Sergio Orsi, gia’ condannato per i suoi legami con la cosca.
Dalle intercettazioni e’ emerso che Luongo ha contatti con Adolfo Orsi, stretto collaboratore del padre Sergio. Dal complesso delle conversazioni registrate risulta che il giovane Orsi lo chiama non solo per indicazione di operai da assumere, bensi’ anche per avere notizie sulle imprese che devono essere invitate a partecipare alle gare indette dal Cira solo fine di garantire una parvenza di regolarita’ della procedura, con la intesa di non presentare alcuna offerta oppure offerte meno vantaggiose.
Di recente sul conto di Lungo ha reso dichiarazioni al pm Maurizio Giordano, titolare del fascicolo d’inchiesta con Graziella Arlomede, il collaboratore di giustizia Nicola Schiavone, raccontando nel dettaglio la storia familiare di Lungo e il sistema che lui stesso ha introdotto per infiltrarsi nei lavori pubblici.
Nell’interrogatorio dell’8 giugno 2021, Schiavone spiega che il padre di Luongo era persona legata al boss Francesco Bidognetti; l’uomo aveva un’impresa edile e svolgeva lavori prevalentemente sul territorio casertano, ma anche fuori provincia, grazie a un accordo con il capoclan, ottenendo lavori nelle zone controllate dai Casalesi assicurando in cambio di costanti finanziamenti, dato che il profitto degli appalti veniva diviso a meta’ tra l’imprenditore e il boss.
Il pentito svela come, dopo l’arresto di suo padre Francesco, il superboss detto Sandokan, decise di introdurre un nuovo sistema che consentiva agli imprenditori, tramite le infiltrazioni dei Casalesi nelle amministrazioni pubbliche, di ottenere appalti pubblici versando al clan il 10% dell’importo totale dei lavori al momento dell’aggiudicazione della gara.
Fabio Oreste Luongo fino al 2010 (anno della cattura di Nicola Schiavone) si occupava della impresa insieme al padre ed era in rapporti di amicizia sia con lui che con il fratello Walter. Luongo lo informo’ di essersi legato a un gruppo di imprenditori con i quali faceva cartello, e comincio’ a partecipare a gare di appalto dietro autorizzazione del clan soltanto per simulare la legittimita’ delle procedure di gara. In questo modo la cosca designava gli imprenditori che dovevano partecipare agli appalti e aveva la certezza che uno di loro potesse garantirsi l’aggiudicazione.
“Rientro nel giro”. Cosi’ l’imprenditore Sergio Orsi parlava subito dopo essere stato scarcerato nel settembre del 2020. Il “giro” erano gli appalti trucccati, e lui che negli anni era stato il manager di riferimento del clan dei Casalesi non aveva perso la voglia di essere ancora sulla breccia. Si legge ancora nell’ordinanza di custodia cautelare.
Padre e figlio, Sergio e Adolfo Orsi, denigravano anche il pentito Nicola Schiavone, figlio del boss Francesco, e il pm della Dda di Napoli, Maurizio Giordano. Un’intercettazione dell’11 giugno 2021: “Schiavone sta a fare tutte figure di m; solo Giordano lo porta oggi in tutta Italia! Pero’ … sbatte in faccia al muro, perche’ ormai e’ inutile”, dice Adolfo.
I due commentavano l’udienza a carico un ex sindaco della provincia di Caserta dove era stato sentito Nicola Schiavone, e le accuse rivolte da quest’ultimo all’imprenditore Fabio Oreste Luongo, loro complice e finito in carcere stamani con Sergio Orsi.
“L’avvocato di Fabio ha detto questi qua, oggi non hanno piu’ nulla, non hanno piu’ nulla, ha detto si stanno sbattendo, allora cosa fanno quando non hanno nulla, sparano a cento, sparano a cento, duecento per vedere di acchiappare uno!”, racconta Adolfo al padre Sergio e riferendosi sempre a Giordano.
Erano Carlo Russo e Vincenzo Filomena, rispettivamente direttore amministrativo del Cira e Rup della procedura di scelta del contraente e progettista dell’ufficio tecnico del Cira, a gestire le gare di appalto truccate del centro di ricerche aerospaziali a favore delle ditte scelte da Sergio Orsi Fabio Oreste Luongo, i due imprenditori a servizio dei Casalesi.
Le aziende finite nel mirino dei pm sono la Coge Fid Srl e la Italiana multiservizi Srl, di sostanziale proprieta’ dei due imprenditori. A fare da intermediario tra loro, Filomena e Russo, Antonio Fago che organizzava anche incontri di persona durante i quali discutere le modalita’ di turbativa della gara o pattuire la ricompensa per i due dipendenti del Cira infedeli.
Tra le gare all’attenzione degli inquirenti, riportate nella misura cautelare l’appalto per i lavori di realizzazione di un deposito temporaneo per lo stoccaggio di rifiuti urbani speciali non pericolosi, alla quale fu invitata un’impresa, la Co.Bi srl solo per dare parvenza di legalita’ al bando, e sia Orsi padre figlio che Luongo intimidirono tutti gli altri partecipanti per consentire che fosse assegnato a quella della cosca.
Poi ci sono i lavori per i servizi di manutenzione ordinaria e minuto mantenimento sul patrimonio civile, industriale e infrastrutturare del Cira tramite una richiesta di offerta per un importo di 600.000 euro, nella quale l’aggiudicatario Liri Srl di Giuliano fu indotto a rinunciare all’incanto in favore dell’Italiana multiservizi. Ma anche la manutenzione delle area a verde.
Amedeo Grassia, infermiere dipendente dell’Asl di Caserta, insieme a Francesco Pirozzi, anche lui dipendente Cira e nell’Ufficio tecnico, fecero conoscere agli Orsi atti riservati, come il bando e il capitolato di una gara, perche’ potesse predisporre un’offerta adeguata a far vincere l’azienda da lui scelta. Carlo Russo e Vincenzo Filomena, insieme ad Antonio Fago, un pensionato chiamato ‘il vecchio’ dagli indagati, che ha cprecedenti per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, nella ricostruzione degli inquirenti, avevano il 5% degli dell’importo degli appalti per mettere al corrente il clan dell’andamento delle procedure di gara e perche’ poi fossero in grado di far vincere l’impresa della cosca.
La Italiana multiservizi era intestata a meta’ al figlio di Sergio Orsi, Adolfo, in modo tale che non fosse aggredita da misure patrimoniali legate alla sua posizione giudiziaria, e a Felice Ciervo, figlio di Francesco e cugino di Bernardo, con precedenti per 416 bis e fratello della moglie di Adolfo.
Una intercettazione ambientale del 25 novembre 2009 di Fabio Oreste Luongo, gia’ sotto processo per appalti aggiudicati dal gruppo Zagaria dei Casalesi nella zona industriale del Comune San Felice a Cancello, dimostra come da tempo l’uomo avesse rapporti con Sergio e poi Adolfo Orsi.
Quello di Sergio e’ un nome molto conosciuto agli inquirenti, dato che con il fratello Michele, ucciso in un agguato di camorra, e’ stato titolare della Florambiente, ditta vicina ai Casalesi che si occupava della raccolta e gestione dei rifiuti, ed e’ stato condannato per una pluralita’ di reati nel processo denominato Eco4, sentenza passata in giudicato il 12 dicembre 2019, e prima ancora il 28 febbraio 2017 per turbata liberta’ degli incanti e corruzione insieme agli ex sindaci di Gricignano d’Aversa, Andrea Lettieri, e Orta di Atella, Angelo Brancaccio, anche in questo caso con l’aggravante dell’articolo sette per aver favorito la fazione Schiavone dei Casalesi.
Una conversazione intercettata il 20 gennaio 2021 alle 11:44 attraverso un captatore informatico sul cellulare che l’uomo usa, allegata alla misura emessa dal gip Iaselli, Sergio Orsi, parlando con altre due persone non identificate, discute di un conteggio e dalla conversazione si comprende che si parla di una misurazione di costi per un totale di oltre 46.000 euro.
Riferendosi alla redazione del preventivo, l’imprenditore dice: “Spedisci, stampalo pure”, anche se formalmente non ha nessuna impresa. Circa due ore dopo discute delle percentuali da consegnare a Carlo Russo e Vincenzo Filomena e da calcolare sull’importo dei lavori assegnati.
Alle 13:32 infatti parla con il figlio Adolfo la moglie oliva Celeste e dice: “Ho capito… tu se devi dare il 5% a Filomena e 5% a Carlo”. Il figlio replica: “Il 5% sul lavoro cosi’ piccolo!?”, ma il padre ribadisce “a uno e a un altro”. “Ma papa’ non e’ troppo sai su 40.000 euro di lavori”, riprende Adolfo Orsi, ma il padre risponde: “E che lo stabilisco io Non stabiliscono loro”.
Tra i principali artefici delle ecomafie tra gli anni ’90 e i primi anni duemila, l’imprenditore Sergio Orsi sembrava essersi allontanato da quell’ “area grigia” di cui era stato tra i protagonisti insieme al fratello Michele, ucciso dai sicari del clan dei Casalesi guidati da Giuseppe Setola nel 2008. E, invece, pur non avendo intestata piu’ alcuna impresa, ha continuato a farne parte infiltrandosi negli appalti pubblici, anche di enti insospettabili come il Centro Italiano di Ricerche Aerospaziali (Cira) di Capua.
Imprenditore nel settore dei rifiuti gia’ condannato in passato per associazione camorristica, turbativa d’asta con l’aggravante mafiosa sempre per appalti – soprattutto comunali – aggiudicati nel settore ambientale e per il reato di truffa (ha scontato tutte le condanne), Sergio Orsi ha gestito per anni con il fratello, e per conto della famiglia camorristica Bidognetti, il Consorzio dei Rifiuti Eco4, rappresentandone il volto imprenditoriale, mentre politicamente il referente nel Consorzio era Nicola Cosentino.
Sia Orsi che l’ex politico sono stati condannati al termine del processo Eco4, ma se per il primo la condanna definitiva e’ stata gia’ scontata, Cosentino – cui sono stati inflitti 10 anni in Appello – deve ancora affrontare l’ultimo grado in Cassazione.
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(Nella foto la sede del Cira e nei riquadri da sinistra in alto: Sergio Orsi, Fabio Oreste Luongo, Adolfo Orsi, Felice Ciervo e Fiore Do Palma. In basso: Amedeo Grassia, Antonio Fago, Carlo Russo, Francesco Pirozzi e Vincenzo Filomena)
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