La camorra a Castellammare di Stabia è riuscita a vendere anche l’invendibile: l’acqua di mare.
E’ l’annotazione degli investigatori nell’informativa dell’Inchiesta Cerbero, pm Cimmarotta e Curatoli, che hanno descritto anche come avveniva la commercializzazione dei prodotti ittici nelle numerose pescherie della zona da parte del clan D’Alessandro.
Non solo pescato del giorno e prodotti surgelati ma anche l’acqua venduta a circa 5 euro a bidone. Un commercio, solo quello dell’acqua, da migliaia di euro l’anno.
Tuttavia il lato oscuro emerso dalle indagini è che, spesso, l’acqua venduta non era salubre poiché prelevata in punti dove era vietato perchè inquinati. Nello specifico l’area portuale e Acqua della Madonna. A rivelare il luoghi del prelievo gli stessi protagonisti durante le intercettazioni telefoniche.
Decine di conversazioni captate dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata che raccontano il traffico clandestino di acqua inquinata. L’acqua era utilizzata dai pescivendoli, ignari di tutto, per rinfrescare i prodotti ittici, soprattutto frutti di mare, dopo il processo di purificazione.
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