Il dolore è una problematica di forte rilevanza medica. Per rendersene conto, basta rammentare che, quando si parla di dolore cronico, si inquadra una vera e propria patologia in grado di impattare sullo svolgimento di una vita quotidiana serena. Per fortuna, oggi come oggi esistono diversi rimedi per far fronte al problema. Uno di questi è legato alla cannabis light. Di cannabis light in Italia si parla tanto negli ultimi cinque anni, complice l’entrata in vigore della Legge 242/2016. Questo ha permesso a tantissime persone di entrare a conoscenza delle straordinarie proprietà del CBD, uno dei fitocannabinoidi più presenti nella cannabis in generale e soprattutto in quella depotenziata e caratterizzata da un basso contenuto di THC. Come agisce contro il dolore? Vediamolo assieme nelle prossime righe.
Sono diversi i punti di vista scientifici relativi alle modalità di azione del CBD sul dolore. Secondo le più accreditate, la sua efficacia contro questa problematica importante sarebbe legata alla sua capacità di interagire con i recettori del sistema endocannabinoide presenti nel sistema immunitario e nel cervello.
I suddetti recettori, proteine di dimensioni infinitesimali che si attaccano alle cellule del corpo umano, ricevono, a seguito dell’esposizione a svariati stimoli, diversi segnali. Il loro compito è quello di aiutare le cellule a rispondere in svariati modi, per esempio rendendo meno percepibili la sensazione di dolore.
Nel corso degli anni, sono stati effettuati diversi studi che hanno portato alla luce l’efficacia del CBD
nell’attenuazione del dolore causato dal cancro, ma anche di quello di tipo neuropatico. Il cannabidiolo – altro nome per il fitocannabinoide al quale stiamo dedicando queste righe – risulta utile anche contro il dolore provocato dalla fibromialgia, una patologia purtroppo molto diffusa e difficile da diagnosticare fino a qualche anno fa.
Entrando nel vivo delle sue implicazioni cliniche, un doveroso cenno va dedicato all’impiego nella gestione del dolore provocato dall’artrite, patologia infiammatoria che può compromettere fortemente lo svolgimento di una quotidianità serena e autonoma.
A tal proposito, è il caso di citare uno studio pubblicato nel 2015 e condotto da un team di studiosi attivi presso la University of Kentucky College of Pharmacy. Gli esperti in questione sono partiti con l’intenzione di trovare un’alternativa agli attuali trattamenti disponibili contro l’artrite reumatoide, spesso forieri di effetti collaterali non indifferenti a causa sia dei loro attivi, sia delle modalità di somministrazione. Dal momento che il CBD è poco biodisponibile, si sono concentrati sugli effetti della sua applicazione topica.
Questo studio, basato su modelli animali, ha esaminato gli effetti del cannabidiolo in gel su un gruppo di topi da laboratorio nei quali era stata indotta l’artrite. Al follow up, non sono stati riscontrati effetti collaterali ed è stato possibile parlare del CBD come di una soluzione con forte potenziale terapeutico nell’alleviare il dolore e l’infiammazione provocati dalla sopra citata patologia.
Se si ha intenzione di toccare con mano i benefici del CBD – premettiamo sempre il fatto che nei casi di patologie come quelle elencate nelle righe precedenti è il caso di fare riferimento al proprio medico curante – sono diversi i prodotti da cui partire. Il più popolare è senza dubbio l’olio, che ha l’oggettivo vantaggio di essere facile da assumere – le confezioni sono dotate di un pratico contagocce – e di poter essere scelto facendo attenzione al grado di purezza.
Se si parte da zero, è opportuno concentrarsi sui prodotti più diluiti (il CBD non è mai puro ma associato a un olio vettore che può essere di diverse tipologie).
Dato che non ci sono dosaggi specifici consigliati, la cosa migliore da fare è iniziare con una quantità esigua e monitorare le reazioni del corpo man mano che passa il tempo.
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