Camorra a Napoli: la città divisa tra il clan Mazzarella e l’Alleanza di Secondigliano. Lo si legge nelle otre 400 pagine dell’ultima Relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia.
“E’ sempre piu’ frequente l’uso dei social network per condividere messaggi testuali e frammenti audiovisivi espliciti di ispirazione camorristici”. Si legge nella relazione. E poi si spiega che: “forte e’ il rischio che l’identita’ mafiosa possa prendere il sopravvento anche attraverso la credibilita’ e l’autorevolezza del profilo social che esalta e diffonde la reputazione criminale del soggetto con lo status di uomo di Camorra.
Attraverso fotografie e post gli affiliati alle organizzazioni criminali ostenterebbero l’appartenenza al gruppo e commenterebbero le azioni di fuoco: l’esaltazione del potere criminale del proprio gruppo, unita alla pratica diffusa dell’ostentazione ricorrente, fornirebbero un chiaro quadro della perversa sottocultura mafiosa con cui la Camorra tenta di imporre la propria affermazione sul territorio”.
“L’analisi delle evidenze investigative e giudiziarie fotografa il quadro di una Camorra piu’ che mai protesa a farsi impresa attraverso strumenti privilegiati quali la corruzione, il riciclaggio, l’intimidazione ambientale e le collusioni che ne derivano”.
Si tratta di “una realta’ criminale che si muoverebbe sul duplice piano dell’inabissamento e della concretezza, costruito sui traffici commerciali e mediante affari alimentati da una potenza economica assicurata principalmente dal traffico di droga. Tale ‘modus operandi’ garantirebbe una stabile presenza nel tessuto economico favorita dalla ricerca di servizi e di favori da parte di settori dell’imprenditoria privata talvolta inclini a facilitazioni che sfociano nell’illecito.
Allo stesso tempo la criminalita’ organizzata avrebbe raggiunto la consapevolezza di dover operare in modo silente per sottrarsi all’attenzione delle forze dell’ordine ricorrendo alla violenza esclusivamente per frenare ribellioni o infedeltà”. Nell’odierno scenario “la Camorra si confermerebbe composta da un difficile e complicato mosaico dove si intrecciano clan o federazioni di clan che esercitando una presenza invasiva sul territorio per il controllo e la gestione delle attivita’ illecite risultano anche in grado di controllare in forma egemonica le attivita’ economiche attraverso una silente strategia di infiltrazione/collusione nel mondo dell’imprenditoria e dei poteri pubblici, onde assicurarsi la gestione di importanti settori dell’economia legale.
La capacita’ di tessere rapporti con il mondo imprenditoriale e delle istituzioni renderebbe persistente la minaccia di infiltrazione nel comparto degli appalti di opere pubbliche, poiche’ le imprese contigue alla Camorra possono disporre di ingenti risorse finanziarie provenienti dalle attivita’ illecite e muoversi nei mercati di riferimento in posizione di vantaggio rispetto alle imprese ‘sane’, peraltro utilizzando sistemi corruttivi o di intimidazione nei confronti di amministratori e pubblici funzionari al fine di condizionare le procedure di gara”.
Nella città di Napoli “gli equilibri criminali costituiscono sempre espressione di un più ampio progetto riconducibile a due sole organizzazioni criminali: l’Alleanza di Secondigliano e il clan Mazzarella”. E’ quanto riportato nella relazione semestrale della Dia nella sezione dedicata alla criminalità organizzata campana. Alleanza di Secondigliano e clan Mazzarella, si legge, “dettano le linee guida alle associazioni aderenti le quali, pur essendo dotate della piena autonomia nella gestione degli affari interni, non possono sottrarsi all’influenza dei due cartelli egemoni”.
Nella confederazione dell’Alleanza di Secondigliano i clan Contini, Licciardi e Mallardo “costituirebbero oggi significative realtà imprenditoriali, controllando catene di ristorazione e attività commerciali in gran parte del territorio cittadino”. Il clan Licciardi ha però subito un duro colpo con l’arresto di Maria Licciardi, reggente del sodalizio, avvenuto ad agosto 2021 a Roma.
Di contro, il clan Mazzarella “con una politica di espansione attraverso una rete di alleanze anche nella provincia napoletana contaminerebbe quelle porzioni di territorio rimaste orfane degli storici clan collassati a causa dei numerosi arresti subiti”.
I due grandi cartelli “potrebbero riuscire ad influenzare le dinamiche di tutta la città e della periferia di Napoli spingendosi verso gli immediati paesi vesuviani, mentre il clan Amato-Pagano confermerebbe di detenere un ruolo di assoluta centralità nel settore dell’approvvigionamento delle sostanze stupefacenti avendo ristabilito gli equilibri con le altre compagini grazie anche al potere derivante dalla gestione di importanti canali del narcotraffico”.
Nella relazione sono riportate le mappe investigativo-giudiziarie delle alleanze di camorra a Napoli elaborate dalla Procura e dalle forze dell’ordine partenopee, presentate in occasione del convegno “La città e la camorra – Napoli e la questione criminale” organizzato proprio dalla Procura di Napoli e dal Laboratorio interdisciplinare di ricerca sulle mafie e la corruzione dell’Università Federico II. Le mappe, si sottolinea nella relazione della Dia, “restituiscono l’immagine della camorra organizzata in un vero e proprio sistema, basato su stratificati e complessi livelli decisionali, su una struttura criminale consolidata sul territorio e dotata di un direttorio per la gestione e il coordinamento dei gruppi subordinati”.
L’attività dei clan di camorra nella provincia di Caserta “continua a sussistere grazie a quegli imprenditori da sempre abituati ad avvalersi della mediazione dell’organizzazione criminale e dei consistenti capitali investiti nelle attività imprenditoriali dai clan che, in tal modo, governano direttamente o indirettamente alcuni processi economici, interferendo spesso pesantemente anche nei meccanismi decisionali della pubblica amministrazione”.
E’ quanto si legge nella relazione e, in particolare, alla provincia casertana. Le più recenti attività investigative confermano “l’elevata capacità di penetrazione nella cosa pubblica della criminalità casertana e in special modo quella riconducibile al cartello dei Casalesi al fine di inserire proprie aziende in comparti strategici come quelli della grande distribuzione, del ciclo dei rifiuti e della raccolta delle scommesse. Non di rado imprenditori collegati alla criminalità organizzata interagirebbero direttamente con funzionari infedeli della pubblica amministrazione in una prospettiva di comune profitto specialmente negli appalti per la realizzazione delle grandi opere”.
Alcuni dei clan presenti nella provincia di Caserta, spiega il rapporto Dia, sono aggregati “in una sorta di federazione riferita ai Casalesi”, ma i componenti del cartello criminale “non possono oggi essere considerati come fenomeno unitario, quanto piuttosto come intranei a un’organizzazione non conflittuale composta da famiglie storiche e tuttora vitali dell’area casertana. Ciascuna consorteria avrebbe continuato a mantenere sul proprio territorio di riferimento una forza intimidatrice capace di garantire la rispettiva continuità operativa”.
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