“Sono stanco, voglio cambiare vita”. Così il capocamorra del Vomero, Luigi Cimmino apre il suo verbale di collaborazione con la giustizia.
Lo ha fatto nel carcere di Rebibbia la mattina del 5 aprile scorso davanti ai pm Carrano e Woodcock della Dda di Napoli. Ieri mattina i primi verbali sono stati depositati nel corso dell’udienza del processo che lo vede coinvolto insieme al figlio Diego e un’altra quarantina di affiliati per le tangenti sui lavori negli ospedali napoletani.
E proprio questo capitolo apre scenari interessanti anche se le sue parola vengono “pesate” perchè già in altra circostanza il boss Luigi Cimmino aveva manifestato la sua intenzione di pentirsi per poi ritrattare a ancora prima si era dissociato. Gli investigatori sono alla ricerca anche del suo tesoro ma almeno in questa prima fase e dai verbali depositati Cimmino non sembra essere stato molto collaborativo.
Dagli atti dell’inchiesta risulta che Cimmino abbia incassato una maxi tangente da 400mila euro per la ristrutturazione di sei padiglioni del Cardarelli. Un appalto da 50 milioni. Il boss avrebbe incassato una prima tranche da 100mila euro, una seconda da 200mila e il restante in rate da 12mila euro riscosse dal figlio Diego. Cimmino però ha spiegato di aver ricevuto solo 10mila euro da un imprenditore che non risulta nemmeno aver preso parte al consorzio. I pm mettono a verbale, che queste dichiarazioni “non sono credibili”.
Che i clan della camorra di Napoli avessero le mani sugli appalti degli ospedali è noto da anche anche dalle inchieste giudiziarie e non ultima quella che ha portato all’arresto e al processo contro il boss, ora pentito, e i suoi affiliati. La cosca del Vomero prendeva e ritirava soldi, periodicamente, presso tutte le imprese che operavano negli ospedali Monaldi, Policlinico, Cardarelli, Cotugno e Pascale. Le aziende che si occupavano di manutenzione delle strade, pulizie, manutenzione dei giardini, fornitura dei televisori, servizi di lavanderia, fornitura di latte dovevano pagare.
Secondo il collaboratore di giustizia a gestire il racket erano Andrea Basile per il gruppo del Vomero e Giulio De Angioletti per i Lo Russo di Miano, cosca che controllava soprattutto il Policlinico. Per servizi come pulizie e verde “pizzo” ammontava in media 5mila euro tre volte l’anno. Una quota su altre tangenti andava anche ai Licciardi dell’Alleanza di Secondigliano.
“Noi del Vomero – ha messo a verbale Cimmino – avevamo un rapporti di subordinazione rispetto ai Mallardo, ai Contini e alla Masseria Cardone, i capi del cartello dell’Alleanza che sono stati sempre, dal punto di vista malavitoso, su uno scalino superiore. Alcuni imprenditori per poter lavorare tranquillamente dovevano per forza riconoscerei una percentuale, mensile o tre volte l’anno. Altri, invece, hanno cominciato a pagare, poi siamo divenuti amici, come un imprenditore del settore delle ambulanze e due imprese funebri”.
Secondo Cimmino anche due importanti imprese di pompe funebri versavano “tra i 3mila e i 1500 euro tre volte all’anno per un privilegio: la garanzia di una pacifica convivenza tra le ditte che altrimenti si sarebbero “uccise tra loro” senza riuscire ad accordarsi. Il patto funzionava così: le imprese si dividevano, di 15 o 30 giorni, i morti degli ospedali. Io e il mio clan facevamo in modo che, durante i periodi in questione, fosse rispettato il monopolio di ciascuna ditta”.
Nelle pagine dei verbali depositati e non omissate c’è un racconto quanto mai nuovo per la camorra di Napoli città. Cimmino parla dell’affiliazione di Alessandro Desio, da lui indicato come uno dei suoi fedelissimi: “All’inizio non mi fidavo di lui…Su mia richiesta. Desio fece un giuramento di fedeltà a me nella chiesa di San Gennaro ad Antignano. Il giuramento di fedeltà, non era un’abitudine, fu chiesto a Desio perché era stato legato a Giovanni Alfano”. Va detto che la chiesa di San Gennaro ad Antignano è uno dei luoghi di culto più amati del quartiere.
Cimmino ha appena compiuto 61 anni, è stato a lungo alleato di Giovanni Alfano, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Silvia Ruotolo avvenuto nel 1997, è in carcere dal maggio del 2016: fu scovato dai carabinieri a Chioggia con 7.000 euro in contanti. I soldi erano in un borsone, assieme a una decina di gialli di John Grisham. Finito in cella nel luglio precedente, era stato scarcerato dal Tribunale del Riesame dopo qualche giorno.
Tornato in libertà, quindi, aveva subito fatto perdere le proprie tracce anche perché sulla decisione era stato presentato ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione. Ricorso che era stato poi accolto rendendo il boss, di fatto, latitante. Secondo i magistrati della Procura antimafia di Napoli, Luigi Cimmino, scarcerato dopo una lunga detenzione grazie alle perizie fornitegli da un medico compiacente, era tornato al Vomero con l’intenzione di ricostruire il suo gruppo criminale.
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