Penultimo appuntamento stagionale al Teatro Jovinelli di Caiazzo: l’attrice Carmen Pommella, porterà in scena lo spettacolo ‘Venere Tascabile’ Domenica 20 marzo con inizio alle ore 18,45.
Sulle tavole del palcoscenico di Palazzo Mazziotti si percorrerà la storia artistica e personale di Laura Betti, musa eccentrica di Pier Paolo Pasolini, in un testo scritto e diretto da Antonio D’Avino.
Nei panni della Betti, Carmen Pommella si muove con sex appeal e sicurezza sul palco, ammaliandoci con la sua voce importante e soave, lasciandoci di stucco con le sue audaci battute, oscene e taglienti.
Si sente, sin dalle prime parole pronunciate, nel petto della donna, l’eco della presenza statuaria e iconica di Pasolini, determinante per il corso della sua vita personale e artistica.
Dal racconto della sua storia privata emerge il percorso di crescita dalla bambina precoce e perspicace, che riempie la domestica di domande, alla donna-bambola dal caschetto biondo platino, che si immerge procacemente nel mondo “di cartapesta” di artisti e intellettuali, tra “fighettine” e mammoni.
Affascinata da questo mondo fittizio, sembra godere, nei primi anni di ascesa alla fama di star eclettica, delle attenzioni generali rivolte al fascino della sua corporatura, tascabile ma appariscente, alla leggerezza della sua personalità, semplice ma originale, coscientemente sciocca e fiera.
Accompagnata dal suono di un piano, Carmen Pommella canta con tono serio canzoni dai testi comici, cinicamente critici nei confronti di finti intellettuali, medi borghesucci, donne sfigurate e svendute dalla macchina-spettacolo. Riporta con disprezzo la testimonianza di madri vili che ai loro figli altro non hanno insegnato che il sacrificio alla mediocrità, il dovere di soccombere alla loro selvaggia condizione di impassibili infelici.
L’attrice compie un viaggio struggente e ammaliante, disperato e sarcastico nella memoria della Betti. I ricordi di una donna che alla bellezza di una piccola Venere, ha saputo accostare la faticosa, ma pur sempre autoironica, edificazione di una più alta statura intellettuale e culturale, si mescolano con altri ricordi, quelli della morte di Pier Paolo Pasolini.
Carmen Pommella è capace di far ridere a crepapelle il pubblico, ma al contempo di farlo commuovere, concedendogli la possibilità di ricostruire qualche sprazzo dell’amicizia tra lei e il suo Pigmalione. Colui che non sapeva sorridere, che non si concentrava sulla materialità delle cose, ma era un abile costruttore di idee, si lega a una donna che diventa punto d’appoggio e di slancio, proprio per la su leggera potenza.
Tanto piccola da poterla tenere in tasca, tanto altera da saper affrontare il viso smilzo e severo di Pasolini, tanto pungente da beffarsi del suo serioso temperamento, ma altrettanto profonda da riuscire a guardare a fondo nei suoi occhi, nascosti dietro gli occhiali scuri. Avviene così che Laura Betti impara a osservare la realtà con un nuovo sguardo, quello critico e adirato di chi sa che esiste una verità oltre quella alla quale conformemente e ostinatamente tutti credono.
Laura Betti non ha cercato Pier Paolo Pasolini, eppure lo ha trovato ed è diventato la sua vita. E se fosse quello che non cerchiamo ad avere maggiore rilevanza nella nostra esistenza? La verità non si trova forse sotto gli occhi di tutti ma ben nascosta?
Laura Betti ora si toglie la benda e guarda. Pertanto il suo desiderio non è più quello di cristallizzarsi in una bionda Venere-Galatea, ma di assecondare le metamorfosi del suo animo che gioisce ed è triste, che ama Pasolini ed è capace di accettarne dolorosamente il destino.
Vive la Betti la sua tarda età matura all’insegna dell’ambiguità e del doppio gioco tra la sua interiorità e l’esterno, tra profondità e superficie, andando al passo con il ritmo caotico e ingannevole con cui il mondo gira.
Venere è tascabile ma esce dalla tasca e con rabbia si scatena e, tra giovani e adulti spettatori, la rabbia fomenta. La rabbia: sentimento estinto e di pasoliniana memoria.
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