Omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega: pene ridotte al Processo di Appello per i due americani.
“Ringrazio i giudici per questa sentenza, ma adesso voglio che il sacrificio di mio marito non venga dimenticato”. Rosa Maria Esilio, moglie del vicebrigadiere Mario Cercello Rega, con un filo di voce, visibilmente commossa, commenta cosi’ la decisione dei giudici della Corte d’Assise di appello di Roma che hanno ridotto la condanna per i due ventenni americani che la notte del 26 luglio del 2019 uccisero, nel corso di una drammatica colluttazione, il militare dell’Arma avvenuta nel cuore del quartiere Prati.
Dunque, non hanno retto gli ergastoli inflitti in primo grado: per Lee Elder Finnegan la pena passa a 24 anni di carcere, per Gabriele Natale Hjorth a 22 anni. Una sensibile riduzione dovuta al riconoscimento delle attenuanti generiche anche se i giudici hanno ribadito l’impianto accusatorio della Procura generale che contestava ai due il concorso in omicidio volontario. Ma per conoscere il ragionamento fatto dai giudici si dovra’ attendere il deposito delle motivazioni che arrivera’ non prima di giugno.
I difensori di Elder non utilizzano comunque mezzi termini definendo la sentenza uno “schifoso compromesso”; dal canto loro i legali di Hjorth si dicono comunque “delusi” perche’ erano “convinti di avere dimostrato nel corso del processo l’estraneita'” all’omicidio del loro assistito. “Soddisfazione” e’ invece stata espressa dall’avvocato Massimo Ferrandino, legale della signora Cerciello.
“Certamente con questa sentenza il sacrificio di un uomo dello Stato quale Mario Cerciello Rega non e’ stato vano”, ha detto lasciando piazzale Clodio. Che la sentenza di primo grado non sarebbe stata confermata in appello era emerso gia’ nel corso della requisitoria del pg Vincenzo Severiano che il 10 febbraio scorso aveva chiesto ai giudici di ribadire il carcere a vita per il solo Elder, mentre aveva chiesto 24 anni per l’altro studente americano.
Il rappresentante dell’accusa, nel corso della sua requisitoria, aveva ricostruito i vari passaggi della vicenda. Una storia iniziata con il tentativo dei due americani di comprare della cocaina a Trastevere. Poi il furto dello zaino del ‘facilitatore’ dei pusher, Sergio Brugiatelli. Quest’ultimo, ricevuta la telefonata dei due statunitensi con la richiesta di riscatto, il classico ‘cavallo di ritorno’, aveva allertato i carabinieri.
Cerciello Rega e il suo collega di pattuglia di quella note, Andrea Varriale, dopo una trattativa intercorsa tra Brugiatelli e i due ragazzi, si sono recati in borghese all’appuntamento in via Pietro Cossa. Secondo quanto ricostruito dall’accusa i due carabinieri si sono avvicinati dichiarando di essere delle forze dell’ordine. In pochi istanti una tranquilla serata dell’estate romana si e’ trasformata cosi’ in tragedia. I due americani aggrediscono Cerciello e il collega.
Elder, che aveva con se’ un coltello, colpisce con undici fendenti il vicebrigadiere. Quando Hjorth “ha sentito Varriale dire ‘carabinieri!’, come lui stesso ha ammesso – ha detto il pg durante la requisitoria – non ha fatto nulla per fermarsi, o fermare l’amico mentre lo accoltellava.
Se Natale si fosse fermato, se avesse detto all’amico di fare altrettanto, forse Cerciello sarebbe sopravvissuto. Invece non si e’ fermato”. Proprio oggi, infine, il gup della Capitale ha rinviato a giudizio Italo Pompei, il presunto pusher da cui i due americani volevano acquistare cocaina, per avere reso false testimonianze nel processo di primo grado.
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