Napoli. “Si vendeva le celle”, cioe’, “riceveva soldi dai detenuti e dai loro familiari, all’esterno del carcere, per consentire i cambi di stanze e mettere i detenuti nelle celle con i compagni che volevano”.
Ad accusare l’ispettore Francesco Gigante, uno dei tre agenti della Polizia Penitenziaria finiti ai domiciliari oggi nell’ambito di un’indagine dei carabinieri e della stessa polizia penitenziaria, coordinata dalla DDA di Napoli, che ha consentito di scoprire l’esistenza nel carcere napoletano di Secondigliano di una fiorente piazza di spaccio, e’ il collaboratore di giustizia Enzo Topo, all’epoca dei fatti contestati detenuto nella sezione “4” del Reparto Ligure.
Ma il “pentito”, che dichiara di avere appreso le informazioni da altri detenuti, non e’ il solo ad accusare Gigante. Lo fa, il 31 luglio 2019, anche un altro agente, arrestato a gia’ condannato per corruzione: secondo il suo racconto l’ispettore, coordinatore del Reparto Ligure da 20 anni e in stretti legami con un detenuto ritenuto appartenente al clan Moccia che gli faceva da intermediario, chiedeva 1000 o 1200 euro per lo spostamento da una stanza all’altra e 4mila o 5mila euro quando si trattava di ottenere lo spostamento in un altro carcere o dall’isolamento.
A parlare dell’introduzione e della distribuzione della droga all’interno del carcere e’, tra gli altri, il collaboratore di giustizia Vincenzo Amirante, il 3 agosto 2020. Secondo il “pentito”, tutte le settimane, nella sua sezione, arrivavano borselli contenenti droga ma anche telefonini e profumo.
Da altri due detenuti seppe che a rendere possibile l’ingresso dei borselli era una guardia penitenziaria. I borselli venivano portati con il trattore nei pressi del campo di calcio dove i vari lavoranti della cucina li ritiravano, ciascuno per la propria sezione. In cucina, infine, la droga veniva tagliata per la distribuzione.
A parlare del tariffario adottato da un agente della Polizia Penitenziaria del carcere gia’ arrestato e condannato per episodi di corruzione legati all’introduzione di droga, cellulari e altro in carcere, e’ un detenuto interrogato il 29 agosto del 2018: il poliziotto, secondo il racconto fornito dal detenuto, per consegnare un panetto di droga prendeva 700 euro; mille euro per due panetti e per quattro panetti da 100 grammi ciascuno 1300 euro.
“E’ doloroso dover constatare che il carcere, previsto nel nostro ordinamento non come mera punizione bensi’ come momento di rieducazione e di recupero dell’individuo ai valori del vivere civile, diventi in realta’ un luogo al cui riproporre il medesimo stile di vita per il quale si e’ detenuti”.
Lo scrive, nell’ordinanza con la quale ha disposto l’esecuzione di 28 misure cautelari, il gip di Napoli, Isabella Iaselli. Per il gip, “la nota piu’ avvilente” e’ che tutto e’ stato reso possibile anche “grazie ad alcuni agenti della polizia penitenziaria, che con la loro condotta mettono a rischio anche i colleghi che operano con impegno, nonostante mille difficoltà”.
Per il giudice, l’agente Salvatore Mavilla (per il quale e’ stato disposto il carcere malgrado fosse in pensione, ndr) “ha mostrato particolare spregiudicatezza consentendo un approvvigionamento continuo dello stupefacente, mai attraverso contatti telefonici ma sempre incontrando di persona i detenuti e poi il familiare delegato a consegnargli la droga e il proprio compenso”.
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