“Come passeri sui cavi” di Stefania Pieralice e Daniele Radini Tedeschi (Start edizioni, pag.228, Euro 14,00), proposto al premio Strega 2022 dagli Amici della Domenica – con la presentazione di Paolo Ferruzzi – e già candidato al Premio Comisso, appare una interessante e inattesa scoperta letteraria di certo controcorrente rispetto a quella maniera, oggi in voga, di raccontare in prima persona vicende dove l’invenzione soccombe all’autobiografia senza alcuna apparente intenzionalità letteraria, con un minimalismo di parole e di orpelli che mostrano la scena cruda, diretta.
Al contrario gli autori scelgono qui un’impalcatura narrativa classica, dove la terza persona è attenta alla messa a fuoco di ogni personaggio con un linguaggio ricercato e prezioso quanto un’opera d’arte, quasi che la semplificazione debba essere evitata a tutti i costi.
E non affatto ordinarie o normali sono le vite dei personaggi, questi ultimi benestanti, ricchi, borghesi appaiono apparentemente lontani dalle galere delle miserie o da quelle della strada. Ma a una lettura profonda si percepisce come i due autori, per vicende forse diverse, siano entrambi ancora alla ricerca di se stessi, incapaci nell’io e di una conseguente autoreferenzialità narrativa a tal punto da demandare a un “egli” la scelta di vivere o morire.
E allora le loro creature, frutto certamente di fantasia ma anche di fragilità, mancanze, debolezze appaiono quasi esperimenti sociali in grado di mostrare come il male di vivere possa nascondersi anche in quei ceti dove artificio, ricchezza e bellezza sembrano voler esorcizzare l’esistenza.
Sofia, la protagonista, figlia di importanti imprenditori campani, sin dall’inizio si manifesta come presenza diafana e spenta.
E ancora l’aristocratico Guido, antagonista al personaggio femminile nonché suo marito, apparentemente volitivo e quasi eroico nel suo superomismo.
E poi uno spaccato umano di “sagome” messe al palo dalla realtà, definite nella loro incapacità di determinarsi; tutte comparse di un’esistenza condizionata da una cieca e inarrestabile casualità.
Persino il ventitreenne Fabio, figlio di una giovane generazione fatta di “skate, street art, felpe, cappucci, jeans larghi istoriati con la biro” farà parte: “di adolescenti acerbi mai alla stessa altezza della vita… toccati da tutto ma dispersi nel nulla. Orfani senza radici né memoria, bisognosi solo di vicinanza; navigatori di Internet e naufraghi della coscienza”.
E allora ognuno, nel romanzo, sembra dismettere la propria apparenza per diventare tutti e nessuno, in una vicenda impersonale e a tratti insensata così come spesso è l’esperienza umana.
I due autori sono quasi artefici di una storia incompiuta e ancora da scrivere per le frasi sibilline disseminate qua e là in un pugno di lettere che sanno di giudizi definitivi, di sentenze inappellabili.
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