Melillo: “Oggi i grandi cartelli camorristici sono costellazioni di imprese. Non c’è figura criminale di appena significativo rilievo che non abbia intorno a sé una piccola rete di imprese”. Lo ha detto il procuratore di Napoli Giovanni Melillo, nel suo intervento al convegno sulla camorra voluto dall’arcivescovo di Napoli don Mimmo Battaglia.
“Le imprese – ha spiegato Melillo – sono una questione centrale. L’idea che la camorra e le mafie si infiltrino è profondamente sbagliata, non offre spiegazioni di alcunché. Sono una componente strutturale e perfino trainante di larga parte del sistema produttivo e del sistema economico.
E’ doloroso dirlo ma è così. Il legame con le imprese consente ai grandi cartelli camorristici di costruire due linee: una linea avanzata, che serve per la costante espansione del potere mafioso, delle attività di riciclaggio, di frode innanzitutto fiscale, e poi c’è una linea di resistenza nelle fasi in cui le organizzazioni criminali sono costrette ad arretrare per l’azione repressiva dello Stato.
Qui le imprese diventano garanzia per la conservazione silenziosa dei legami fiduciari, occulti, costruiti dalle organizzazioni criminali attraverso gli strumenti della corruzione e della speculazione affaristica”.
Secondo Melillo, “le imprese diventano anche garanzia del welfare mafioso. Non sono solo i traffici illeciti a fornire le provviste economiche che servono al mantenimento di una gigantesca rete di detenuti e di famiglie di detenuti – ha sottolineato il procuratore di Napoli – sono anche le imprese che ruotano intorno alle organizzazioni criminali che, consapevolmente e volontariamente, svolgono questo ruolo.
Questa seconda funzione non è meno importante della prima e solo così si spiega la trasformazione dei cartelli camorristici sottoposti a dura repressione. Ad esempio il cartello dei Casalesi non esiste più nelle forme che aveva negli anni ’80 e ’90, ma esiste ancora ed è sempre pronto a riorganizzarsi e riarmarsi intorno a una gigantesca rete di legami imprenditoriali e corruttivi.
Questi legami servono anche alla difesa del valore simbolico della proprietà mafiosa. E’ un’ossessione per un mafioso non consegnare i beni accumulati con il delitto, questo spiega perché le organizzazioni criminali anche dopo condanne e confische affidino a imprese di loro fiducia il compito di acquisire, grazie a legami corruttivi, gli appalti per la rifunzionalizzazione dei beni confiscati e poi condizionare pesantemente anche la destinazione a scopi sociali dei beni confiscati”.
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