Il focus degli operatori dei mercati finanziari fino a poco tempo fa era totalmente incentrato sul problema dell’inflazione e sui conseguenti provvedimenti, inerenti il riassorbimento della leva monetaria, messi in calendario dalle Banche Centrali.
Difatti, sia la Fed sia la BCE, una volta esauritesi le misure di stimolo attivate a causa dell’emergenza pandemica, avevano messo in conto di intraprendere un’azione restrittiva sui tassi di riferimento. Il paradigma è mutato però con lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, in quanto il nuovo quadro geopolitico è diventato inevitabilmente il principale driver di mercato.
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Naturalmente l’impatto più forte – e immediato – delle tensioni si è avuto in Europa, in particolare sui prezzi dei beni di consumo, una circostanza che ha fatto in modo che si delineasse una netta linea di demarcazione tra la guidance della FED e della BCE: Jerome Powell, nella prima occasione utile, ha incrementato il costo del denaro, mentre la posizione di Christine Lagarde sembra al momento più dovish, per non rischiare di frenare l’espansione economica in corso nell’Eurozona.
Come evidenziato anche dagli esperti di Trading13Online.top, i mercati finanziari in tale contesto hanno ovviamente appesantito le performance già negative da inizio anno: persino Wall Street, che di solito evidenzia una forza relativa superiore rispetto ad altri benchmark internazionali, è in forte fase di appannamento, anzi a registrare la flessione più significativa è proprio quel settore tecnologico fino a pochi mesi fa trascinatore del comparto equity.
L’unico settore ad aver beneficiato di questa congiuntura, causando peraltro una pericolosa recrudescenza sul fronte inflazione, è quello delle materie prime: i prezzi della maggior parte dei sottostanti hanno registrato una forte crescita, da valori già abbastanza elevati.
A preoccupare gli analisti, ma soprattutto i consumatori è la quotazione del petrolio, a causa degli effetti che può scatenare sulla catena del valore; tuttavia, come evidenziato dagli analisti, la corsa dei prezzi del WTI e delle materie prime in generale può rappresentare per i risparmiatori anche una buona opportunità di investimento.
La soluzione operativa implementata dai canali tradizionali di intermediazione è rappresentata ovviamente dagli strumenti finanziari trattati sulle piazze regolamentate: è possibile, nello specifico, negoziare i future su una determinata materia prima.
Inoltre, si può acquistare un ETN, per utilizzare un veicolo che replica le variazione di prezzo del sottostante, oppure un ETF che detenga azioni di compagnie attive nel settore della commodity, per interfacciarsi indirettamente con il mercato di riferimento.
È chiaro che indipendentemente dall’opzione selezionata è essenziale valutare con attenzione i costi dell’operatività.
Secondo gli esperti di TradingOnline.top una valida alternativa come canale di accesso al mercato è rappresentata dai servizi erogati dai broker online.
Le società attive sui circuiti over the counter, infatti, consentono la negoziazione delle più importanti materie prime attraverso la compravendita di Contratti per Differenza, una tipologia di derivati che reitera la quotazione del sottostante senza averne il possesso diretto.
Inoltre, non essendo il prezzo esposto riferibile ad una piazza regolamentata, non bisogna avere un data feed per ogni exchange in cui è scambiata la commodity.
Questo aspetto è decisamente vantaggioso per ciò che concerne il fattore costi e si va ad aggiungere a tutta una serie di caratteristiche che rendono i broker online molto competitivi.
Nello specifico, un conto trading non richiede alcuna spesa di apertura, così come il rilascio del tool di negoziazione, ed è sottoscrivibile con capitali irrisori; a ciò si aggiunge la possibilità di acquistare o vendere controvalori del sottostante molto bassi.
Naturalmente i risparmiatori che intendano rivolgersi a soggetti OTC devono preventivamente verificare che gli stessi siano in possesso delle autorizzazioni previste dalla normativa per l’attività di intermediazione.
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