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I pentiti accusano Ciro Di Lauro per l’omicidio in tabaccheria

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Sono stati i pentiti ad aver ricostruito il duplice omicidio in tabaccheria durante la prima faida di Scampia ed ad accusare Ciro Di Lauro e gli atri tre arrestati ieri dai carabinieri.

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Sono state  le ‘gole profonde’ che hanno ricostruito, con altri pentiti, il duplice omicidio di Domenico Riccio e Salvatore Gagliardi, quest’ultimo cognato del primo, vero obiettivo dell’agguato in una tabaccheria di Secondigliano, avvenuto il 21 novembre del 2004, in piena faida di Scampia, quella generata dalla frattura all’interno del clan Di Lauro che ha provato oltre 100 morti in un anno.

Tra questi Gelsomina Verde, la ragazza di 22 anni, uccisa e data alle fiamme la notte tra il 21 e il 22 novembre. Colpevole di non aver rivelato il nascondiglio dell’uomo che frequentava, proprio lo stesso Notturno, poi diventato pentito. Ciro Di Lauro, figlio del capoclan Paolo,  era libero dal 2014 dopo aver scontato quasi dieci anni per associazione a delinquere di stampo mafioso; venne arrestato in piena faida, il 7 dicembre 2004, secondo l’accusa, poco meno di un mese prima del duplice delitto. Giovanni Cortese, detto ‘o cavallaro, ex braccio destro e consigliere di fiducia del clan Di Lauro. Per i pentiti, uno dei killer piu’ affidabili della cosca, oltre a essere il messaggero.

Secondo quanto hanno raccontato i collaboratori di giustizia fu lui a portare l’ordine di Cosimo Di Lauro di uccidere Gelsomina Verde, ammazzata la notte dopo del duplice omicidio per il quale e’ indagato oggi. Ciro Barretta, responsabile della piazza di spaccio del Lotto G a Secondigliano, piu’ volte e’ stato nel mirino della Camorra e degli Abete-Abbinante che avevano progettato di uccidere; non solo nella prima faida, quella tra il 2004 e il 2005, ma anche nella terza, quella scoppiata nel 2012 tra la Vanella Grassi-Di Lauro e gli Abete Abbinante.

Salvatore Petriccione, boss fondatore del famoso gruppo dei girati della Vanella Grassi, e’ stato per anni il reggente dei cosiddetti ‘ribelli’ di via Dante a Secondigliano. Totore ‘o marenaro, come e’ noto, riusciva a comunicare gli ordini dal carcere per organizzare il clan.

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Il duplice omicidio avvenuto a Melito  il 21 novembre 2004, nel pieno della cosidetta prima ‘faida di Scampia’ (2004-2005) che ha visto come vittime Domenico Riccio, ritenuto vicino al clan Abbinante e obiettivo dell’agguato, avvenuto all’interno della sua tabaccheria, e Salvatore Gagliardi, casualmente presente sul posto.Il duplice omicidio è maturato nel corso della guerra tra clan che ha contrapposto dall’ottobre del 2004 il clan Di Lauro al cartello scissionista (formato da Abete-Notturno, Abbinante, Marino e Amato-Pagano). Il clan di Lauro avrebbe individuato quale obiettivo Riccio, ma sotto i colpi dei camorristi finì anche Gagliardi.

Fu l’inizio di una notte di sangue perché nel giro di mezz’ora ci fu la risposta. A Secondigliano fu ucciso Francesco Tortora, 63 anni, fu sfigurato con cinque colpi alla testa. Fu trovato carbonizzato in un’auto date alle fiamme a Casavatore.

Ma non finì lì perché a Secondigliano fu trovato un cadavere carbonizzato in un’auto data alle fiamme. Era quello di Gelsomina Verde, uccisa perché era fidanzata di Gennaro Notturno uno degli scissionisti, poi pentito.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

(nella foto da sinistra in alto: Ciro Di Lauro, Giovanni Cortese, Salvatore Petriccione e Ciro Barretta)


Articolo pubblicato il giorno 23 Febbraio 2022 - 11:19 / di Cronache della Campania


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