Fra dieci giorni saranno passati 18 anni dalla triste sera di San Valentino quando in un residence di Rimini fu trovato morto Marco Pantani e il ricordo del grande campione di ciclismo non trova ancora pace. La convinzione della madre Tonina e del padre Giorgio, e con loro di molti tifosi, e’ che non tutto sia stato detto e non tutto sia stato accertato sulla fine dello scalatore di Cesenatico, morto a 34 anni.
Nonostante due inchieste archiviate, l’ultima nel 2016, nonostante i processi agli spacciatori che avrebbero ceduto al ‘Pirata’ la dose letale, la famiglia non si arrende e continua a chiedere verita’. Mamma Tonina e’ tornata dai carabinieri, a Rimini, ed e’ uscita dalla caserma dopo tre ore e mezza.
“Marco non era solo la notte che e’ morto, con lui c’erano due escort”, e’ quello che la donna avrebbe detto ai militari del nucleo investigativo del reparto operativo, che indagano nell’ambito del nuovo fascicolo riaperto recentemente dalla Procura. Un fascicolo che, pero’, rimane a ‘modello 45′, anche dopo la nuova testimonianza: non si ipotizzano reati e non ci sono indagati.
A sollecitare in qualche modo la ripresa degli accertamenti era stata la commissione parlamentare antimafia, che ha inviato ai magistrati riminesi una relazione dove c’e’, tra l’altro, l’audizione, in parte secretata, di Fabio Miradossa, il pusher che patteggio’ nel 2005 una pena per spaccio di cocaina legato alla morte di Pantani.
“Marco e’ stato ucciso, l’ho conosciuto 5-6 mesi prima che morisse e di certo non mi e’ sembrata una persona che si voleva uccidere. Era perennemente alla ricerca della verita’ sui fatti di Madonna di Campiglio, ha sempre detto che non si era dopato”, le parole di Miradossa, a gennaio 2020. Il pm riminese Luca Bertuzzi recentemente ha richiesto la registrazione completa della deposizione.
Lo stesso Miradossa, pero’, gia’ sentito nell’ambito del nuovo fascicolo, non avrebbe aggiunto nulla di rilevante a cio’ che la prima e la seconda indagine sulla morte del Pirata avevano appurato. Nell’archiviare, nel 2016, la Procura di Rimini defini’ fantasiosa e priva di fondamento l’ipotesi di un omicidio e la Cassazione, un anno dopo, rigetto’ il ricorso della famiglia. Ma la madre, che nel frattempo si e’ rivolta a un nuovo legale, l’avvocato Fiorenzo Alessi, non molla ed e’ stata sentita per l’ennesima volta in Procura, dopo aver consegnato un corposo dossier con documenti e spunti investigativi, e ora anche dai carabinieri.
Finora, anche se varie ricostruzioni giornalistiche hanno adombrato scenari alternativi, le inchieste hanno detto che Pantani mori’ da solo, in una stanza del residence ‘Le Rose’, chiusa dall’interno. Per un’azione prevalente di psicofarmaci, cosi’ da far pensare piu’ a una condotta suicida, che a un’overdose accidentale.
E’ stata fin qui sempre esclusa l’ipotesi di un’assunzione sotto costrizione. Non hanno portato a risultati neppure gli accertamenti su un presunto intervento della Camorra al Giro d’Italia del 1999, quando Pantani venne escluso per l’ematocrito alto, il 5 giugno. Per il campione quel giorno di giugno a Madonna di Campiglio fu l’inizio della fine. Una fine tragica e prematura per un grande sportivo, difficile da accettare per tanti appassionati e soprattutto da chi gli voleva bene e che continua a chiedere che sia fatta piena luce.
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