Dopo cinque giorni nel fondo del pozzo in cui era precipitato vicino casa, il piccolo Rayan Awram e’ stato estratto vivo dai soccorritori nel Nord del Marocco ma poi è morto poco dopo mentre in ambulanza lo stavano portando in ospedale.
Non e’ bastata la massiccia operazione di soccorso messa in piedi dal Marocco, come pure le preghiere di tutto il Paese radunatosi intorno a quel buco che lo aveva inghiotto.
Alla fine di un’operazione dai contorni ancora da chiarire – fino all’ultimo si e’ creduto che il bimbo fosse ancora vivo – una nota ufficiale del Palazzo Reale del Marocco ha spento ogni entusiasmo, comunicando il decesso del bimbo. Il re Mohammed VI ha telefonato ai genitori per porgere le proprie condoglianze.
La notizia e’ rimbalzata, come una doccia fredda, dopo una decina di minuti da quelle immagini, convulse, rilanciate dalle dirette delle tv che per giorni hanno seguito i soccorsi.
Quelle immagini che raccontavano che il bambino era stato recuperato, estratto da quel maledetto pozzo, che avevano fatto tirare un sospiro di sollievo. Lasciando intendere che potesse essere in salvo. Ma la nota della stessa casa Reale del Marocco ha gettato nello sconforto: ‘E’ deceduto per le ferite riportate nella caduta’.
In Italia la memoria e’ tornata subito al tragico destino di Alfredino: anche li’, nell’estate del 1981, un Paese intero aveva seguito le operazioni di soccorso minuto per minuto, sperando fino all’ultimo che il bimbo uscisse vivo dal buco in cui era scivolato.
L’incidente e’ avvenuto martedi’ a Ighran, un villaggio sulle montagne nel Nord del Paese: Rayan, cinque anni, era con suo padre che cercava di riparare il pozzo, quando e’ caduto nel cunicolo profondo decine di metri. Immediati sono scattati i soccorsi, ma la cavita’ molto angusta, che si stringe nella parte finale a soli 20 cm, ha impedito agli operatori di calarsi per raggiungerlo ai 32 metri di profondita’ dove era scivolato.
Con una telecamera fatta scendere in profondita’ e’ stato appurato che era ancora in vita e si poteva muovere; gli sono stati fatti arrivare ossigeno e acqua zuccherata ed e’ cominciata la lunga lotta contro il tempo per salvarlo.
Per raggiungerlo i soccorritori, con cinque bulldozer, hanno cominciato a scavare un tunnel parallelo: un lavoro sfibrante, andato avanti per ore, giorni, conquistando centimetro per centimetro la strada verso salvezza di Rayan, che nel frattempo continuava a dare segni di vita, ma sempre piu’ debole e stordito.
Alla fine si e’ arrivati a scavare con le mani, per timore che il terreno cedesse e lo inghiottisse definitivamente. Intanto, fuori la famiglia aspettava in ansia, il Marocco intero con il fiato sospeso insieme a loro, mentre sui social si rincorrevano foto e messaggi di solidarieta’ e speranza, con l’hashtag ‘salvate Rayan’. In poco tempo, la vicenda ha coinvolto tutto il mondo, con i principali media internazionali che hanno seguito l’impresa.
Dopo il completamento del tunnel, gli operatori sono scesi a prenderlo; con loro, una squadra di medici specializzati in rianimazione, tutti pieni di speranza ma fino all’ultimo, purtroppo, pronti al peggio. Uno stillicidio andato avanti per ore mentre si rincorrevano le notizie, nell’attesa che dalle viscere della terra venisse estratto il bimbo.
I genitori erano stati portati nell’ambulanza prima dell’estrazione. Le centinaia di persone accorse sul posto e tenute a distanza dalle forze dell’ordine erano esplose in un grido di gioia alla vista dei soccorritori fuori dal tunnel con il piccolo in braccio. Non sapevano che la corsa contro il tempo per salvare Rayan era stata vana.
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