“Ero un fuorilegge che dovette adeguarsi ai metodi della camorra per meglio combatterla”.
Giuseppe Misso o’ nasone non si è mai considerato un camorrista e lui preferisce definirsi un “chiarificatore” ma aveva fondato uno dei più potenti clan tra la fine deglia nni Novanta e l’inizio del Duemila che comandava tutto il crimine sul Napoli centro. Dal Rione Sanità aveva fatto il salto di qualità nella storia della camorra di Napoli autore di omicidi ma soprattutto della famosa rapina al Monte dei Pegni di Napoli.
Ieri sera ha raccontato la sua vita criminale davanti alle telecamere di Rai3 con Roberto Saviano e il suo programma di approfondimento Insider. Giuseppe Misso dal 2007 è un collaboratore di giustizia.
O’ nasone ha parlato della storia della sua famiglia e del suo primo furto da ragazzino nel dopo guerra. Poi l’incontro con Luigi Giuliano a Forcella e quindi l’odio verso tutta la sua famiglia responsabili dell’uccisione di sua moglie.
Misso ha poi raccontato le prime rapine commesse sempre insieme con Luigi Giuliano verso il quale ha detto che nutriva un senso di “amicizia che sfociava nell’amore”. Le rapine le ha chiamate “prelievi forzati”.
Misso ha anche confessato di essere l’autore della protesta contro Ferlaino con due bombe e gli elicotteri che volteggiarono su Napoli con la scritta: “Ferlaino via, Juliano torna”.
Il lungo racconto di Misso passa attraverso la rottura con Giuliano agli inizi degli anni Ottanta alla costituzione di una sua banda di “prelevatori” a cui diede il nome di “Vera famiglia napoletana” con tanto di statuto e affiliazioni.
Lo scontro con Luigi Giuliano avviene per motivi politici perchè O’ Rre dopo aver fatto un patto con Misso di far votare il Movimento sociale Italiano alle elezioni politiche su pressioni della famiglia – che secondo Misso aveva sempre votato i socialisti e la Dc– fece chiudere la sede del Msi a Forcella. Misso ne apre un’altra e da quel momento i due diventano nemici. Soprattutto dopo un triplice omicidio di tre di Forcella che avevano “osato” chiudere una sede sempre del Msi al rione Fontanella.
Poi Misso la famosa rapina del Monte dei Pegni a Spaccanapoli del 1984. Furono rubati 300 chilogrammi di oro e 4mila pegni per un valore dell’epoca di 5 miliardi di lire. Una rapina fatta in stile cinematografico attraverso i tetti. Una preparazione di oltre due mesi con 12 persone con la complicità del banda del boss della mala del Brenta Felice Maniero detto faccia d’angelo specializzata in rapine. Per compiere quel colpo furono sequestrate circa 50 persone con una finta bomba.
Misso ha anche parlato con orgoglio del figlio transessuale che vive con lui con il suo compagno sotto protezione vicino a lui. Poi della sua latitanza dorata in Brasile. Dovette tornare a Napoli per l’omicidio del 17enne Carmine Lombardi da parte dei Giuliano. La vittima era uno che lavorava nei negozi di Misso.
Lui e Tonino Criscuolo avevano studiato un piano per uccidere tutti i Giuliano a Forcella con un Apecar per raccogliere i cartoni . Ne parlò con Eduardo Contini, il quale si propose di dargli una mano insieme con Costantino Sarno e Nanuzzo Bocchetta. Ma il 10 aprile 1985 furono arrestati in una scuola abbandonata perchè dice Misso fu “venduto”
alla polizia da Eduardo Contini.Misso anche nella trasmissione di Saviano ha negato qualsiasi legame “sono stato assolto, mi devono delle scuse”, ha precisato a proposito della strage del rapido 904 del 23 dicembre 1984 con 16 morti e centinaia di feriti. Il grande accusatore di Misso, poi sconfessato dall’esito del processo, fu il pentito Mario Ferraiuolo ucciso 17 anni dopo ovvero il 15 maggio del 2001 “perchè non aveva detto la verità”.
Il 14 marzo del 1992 dopo la sentenza del secondo processo di Appello per la strage del rapido 904 che si era celebrato a Firenze, in autostrada nei pressi di Afragola furono uccisi Assunta Sarno, moglie di Misso, Alfonso Galeota e feriti Giulio Pirozzi e la moglie Rita Casolaro che erano in auto di ritorno dal processo.
Misso ha sostenuto che ad ordinare quella strage fu Gennaro Licciardi. Spiegando che mentre era detenuto nel carcere di Ascoli Piceno davanti alla sua cella passò Angelo Moccia che godeva di un giorno di libertà. Moccia gli disse: “Posso portare i vostri saluti a Gennaro Licciardi? E io dissi no. Quella era la mia ultima chance per riappacificarmi con loro. Giorni prima tra l’altro la mia compagna aveva avuto un alterco con Maria Licciardi durante la fila per i colloqui in carcere. Le disse ‘Quando mio marito uscirà dal carcere tuo fratello gli dovrà pulire le scarpe’. E anche quella fu la sua condanna a morte”.
Misso ha raccontato della vendetta nei confronti di quelli che ebbero un ruolo dell’omicidio della moglie e di Galeota. E in maniera particolare l’omicidio di Pasquale Capuccio, uomo dei Contini, e che fece da specchiettista nell’agguato in autostrada. “Lo abbiamo sequestrato, lo abbiamo portato nelle grotte delle Fontanelle e lo abbiamo fatto confessare. Lui ha confessato tutto. Gli abbiamo dato della droga e gli abbiamo detto che se avesse confessato non lo avremmo ucciso. E lui ci credette raccontandoci tutto. Poi dopo fu ucciso da due uomini dei Mazzarella”.
Saviano gli ha chiesto quante persone ha ammazzato: “Non posso quantificarle. Ho ammazzato tante persone per vendetta , per difendermi. Sono cose drammatiche. Fa male, ma non ho mai ammazzato per droga o per commercio. Ma quando ci sono motivazioni…”.
Poi quando uscì dal carcere nel 1999 costituì un cartello criminale con i Mazzarella e i Sarno. “Con i quali ho comandato Napoli per 4 anni per difendermi dai Licciardi e dall’Alleanza di Secondigliano. L’ho fatto per vendetta”.
In quel periodo Giuseppe Misso viveva in una casa blindata in largo Donnaregina e si occupava del “recupero credito” per conto degli imprenditori, ma anche la contraffazione di scarpe e vestiti, forniture ospedaliere, lotto clandestino, video poker, estorsioni alle imprese edili. E poi per la prima volta fece entrare la droga al rione Sanità tranne l’eroina.
“Noi rispetto all’Alleanza di Secondigliano non facevamo estorsioni nel nostro quartiere perciò eravamo più potenti e più rispettati. La moglie di Luigi Giuliano venne da me e rivoleva il potere quando il marito stava in carcere e le dissi che per migliorare Forcella dovrei cacciare tutti voi”.
Poi Misso prima di spiegare i motivi che lo hanno portato a diventare un collaboratore di giustizia ha raccontato le due volte che i Giuliano hanno cercato di ucciderlo in carcere. Ma prima era diventato pentito il boss Luigi Giuliano che lo ha accusato di tanti omicidi e tra questi quello di Giovanna Esposito. Omicidio del quale Misso è stato assolto.
Il 21 marzo del 2005 fu ucciso Nunzio Giuliano, fratello di Luigi. Misso ha detto che “quell’omicidio fu compiuto dai loro stessi amici dell’Alleanza di Secondigliano per farlo ricadere su di me”.
Nel 2009 Giuseppe Misso fu aggredito in carcere da Raffaele Giuliano che le ferisce alla testa con una pietra “perchè credevano che io avessi fatto uccidere il fratello Nunzio Giuliano”. E anche mentre era in infermeria “Raffaele Giuliano tornò e tentò la seconda volta di uccidermi colpendomi alla testa con la macchinetta del caffè”.
Nel 2007 Giuseppe Misso decide di collaborare con la giustizia: “Ero al 41bis e tutta la mia famiglia veniva maltrattata. A quel punto ho deciso di cambiare. Io sono un collaboratore di giustizia. Non sono un pentito. Non ho niente da pentirmi. Non devo pentirmi neanche con Dio perchè non sono un credente. Io ho ucciso persone per vendetta. Sono diventato collaboratore di giustizia per difendermi dalle calunnie dei Giuliano. Oggi sono un aiutante, un chiarificatore.Io non ho fatto crimini. Ho fatto una guerra alla camorra. Di cosa devo pentirmi?”.
Misso infine ha raccontato come trascorre le sue giornate con la moglie, leggendo e scrivendo ricordando però che gli mancano tanto i “suoi prelievi forzati…e l’adrenalina dei colpi”. Lo ha detto con un sorriso.
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