Per la sua morte, sono finiti sul banco degli imputati l’allora comandante dei carabinieri, Franco Mottola, la moglie Anna Maria, il figlio della coppia, Marco Mottola, e il maresciallo Vincenzo Quatrale. L’accusa per i quattro è di omicidio in concorso.
Era la mattina del 1° giugno 2001 quando si persero le tracce di Serena Mollicone, giovane studentessa del frusinate.
Quella mattina, la ragazza si era recata all’ospedale di Sora. Qualche ora dopo, il padre, Guglielmo Mollicone, non avendo più notizie della figlia, allertò le forze dell’ordine.
Partì così una corsa contro il tempo, che si sarebbe rivelata del tutto inutile. Il corpo di Serena Mollicone venne rinvenuto senza vita due giorni dopo la scomparsa, in un boschetto all’Anitrella.
La scena che si presentò agli occhi dei soccorritori fu straziante: Serena aveva piedi e mani legati e la testa avvolta in un sacchetto di plastica.
Sulla tempia, poco sopra l’occhio sinistro, la vittima presentava una profonda ferita.
A dare una svolta decisiva alle indagini sulla morte della ragazza, anni dopo il delitto, arriva la testimonianza di Santino Tuzi, militare dell’Arma di Arce. Il carabiniere dichiara che, il giorno della scomparsa, Serena Mollicone era stata nella caserma di Arce.
Quel giorno Tuzi terminò il suo turno di lavoro alle 14:30, confermando che la vittima a quell’ora non era ancora uscita dalla caserma.
Per il delitto sono indagati: l’allora comandante dei carabinieri, Franco Mottola, la moglie Anna Maria, il figlio della coppia, Marco Mottola, e il maresciallo Vincenzo Quatrale. Per i 4 l’accusa è di omicidio in concorso.
Il maresciallo Quatrale è accusato anche di istigazione al suicidio. Il testimone chiave, Santino Tuzi, l’11 aprile del 2008 si tolse la vita, sparandosi un colpo di pistola, proprio alla vigilia della sua testimonianza contro la famiglia Mottola.
Tra gli indagati figura anche Francesco Suprano, accusato di favoreggiamento. Il militare avrebbe contribuito a depistare le indagini sulla morte della giovane studentessa.
Dopo 22 anni da quel delitto, il processo per la morte di Serena Mollicone è ancora in corso.
La superperizia dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, ascoltata proprio ieri in Aula, ha confermato le cause della morte. La vittima è stata prima colpita alla testa, dopo una violenta colluttazione.
La ferita che Serena presentava alla tempia risultava compatibile con un colpo dato alla porta della caserma, che risultò infatti danneggiata. Dopo essere stata stordita, la ragazza sarebbe poi morta per asfissia, provocata dal sacchetto di plastica infilatole sulla testa.
Ma perché Serena era finita in quella caserma? Quel giorno la ragazza si era recata dai carabinieri per denunciare lo spaccio di droga, nel quale, a suo parere, era coinvolto anche il figlio del comandante, Marco Mottola.
Da quella caserma però Serena non sarebbe più uscita viva. Dopo averla uccisa, i militari avrebbero trasportato il suo cadavere nel boschetto all’Anitrella, dove venne poi ritrovato due giorni dopo la sua scomparsa.
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