Evasione da Bellizzi tra i due fuggitivi c’è anche un presunto terrorista mentre si scopre che un quarto complice non è riuscito a scappare.
C’erano complessivamente quattro detenuti nella cella dalla quale, la scorsa notte, sono evasi tre carcerati, uno bloccato dalla Polizia Penitenziaria e dai carabinieri, appena dopo la fuga. Secondo quanto si e’ appreso, oltre ai due ristretti dell’Est, ancora in fuga, e al marocchino arrestato, c’era anche un albanese che, invece, e’ rimasto nella cella mentre gli altri fuggivano.
“Tra i tre detenuti evasi dal carcere di Bellizzi-Avellino (di cui uno prontamente catturato) c’è un marocchino che sembrerebbe appartenere ad un’organizzazione terroristica e che deve scontare 27 anni di carcere”.
Così il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria – S.PP. – Aldo Di Giacomo che aggiunge: “Dalle prime ricostruzioni pare dunque ci sia stato un piano di fuga ben organizzato con un’auto fuori che ha consentito ai due (il secondo romeno) di allontanarsi approfittando del numero molto limitato di agenti presenti e in servizio a Bellizzi (appena otto unità). Bisogna dunque rafforzare le operazioni di ricerca e mostrare grande attenzione per la pericolosità degli evasi”.
“Per noi – continua Di Giacomo – la rocambolesca fuga secondo il più classico dei copioni di film è il segno più evidente del totale fallimento della gestione delle carceri che perdura dall’insediamento della Ministra Cartabia.
Anzi, il buonismo a tutti i costi che traspare dalla lettura dei primi stralci della relazione conclusiva del prof. Marco Ruotolo, presidente della Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario istituita dalla stessa Ministra è destinato ad aggravare la situazione. Se passa la pseudo riforma Cartabia per i detenuti non ci sarà più bisogno di evadere perché scatterà automaticamente il ‘tana per tutti’.
Tutto questo accade mentre il personale penitenziario combatte su due fronti: la diffusione del Covid e i gruppi criminali di terroristi, mafiosi, ‘ndranghetisti e camorristi che continuano a controllare il carcere e ad imporre il comando. Siamo fortemente preoccupati per quello che accadrà con la cosiddetta riforma penitenziaria che prevede la trasformazione degli agenti penitenziari, nell’ipotesi più benevola, in ‘badanti’ dei detenuti.
Mettiamo in guardia: si sta ripetendo lo stesso grave errore di sottovalutazione compiuto con la prima fase della diffusione della pandemia che nella primavera del 2020 ha scatenato la stagione delle rivolte in numerosissime carceri”.
“Non servono studi accademici come quelli voluti dalla Ministra Cartabia per dire che i detenuti vanno rieducati offrendo loro telefonini, lavoro e umanizzazione della pena, che gia’ esistono nel vigente ordinamento penitenziario.
Senza pensare di dotare la polizia Penitenziaria idonee risorse umane e strumentali significa essere miopi rispetto a chi fa spregio delle leggi e delle regole penitenziarie e favorire colpevolmente evasioni e disordini ormai all’ordine del giorno”.
Cosi’, in una nota, il presidente del sindacato di Polizia Penitenziaria Uspp, Giuseppe Moretti, e il segretario regionale della Campania, Ciro Auricchio, commentano l’evasione avvenuta la scorsa notte ad Avellino.
“Come ampiamente previsto e denunciato, non si arresta la spirale di eventi negativi, sotto ogni profilo, che affliggono il sistema penitenziario e, in ultima istanza, la sicurezza del Paese”.
Lo afferma Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria, dopo le evasioni avvenute dal carcere di Avellino. “La ministra della Giustizia Marta Cartabia, a fine dicembre ha dichiarato che da gennaio il sistema penitenziario sarebbe stato la sua priorita’, ieri abbiamo potuto leggere che e’ stato derubricato a solo una delle priorita’ da affrontare nelle prossime settimane.
Magari tra un po’, fra elezioni del Presidente della Repubblica e situazioni politiche contingenti, scopriremo di altri rinvii. Allora – prosegue De Fazio – lo vogliamo dire a chiare lettere a tutta la politica: non c’e’ un altro minuto da perdere e per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”.
Secondo il sindacalista, “va immediatamente approvato un decreto carceri, per affrontare l’emergenza organici della Polizia penitenziaria, cui mancano 18mila unita’, ma anche per ripensare l’organizzazione complessiva del Corpo e dell’Amministrazione penitenziaria, cosi’ come vanno potenziati gli equipaggiamenti e le dotazioni strumentali e tecnologiche. Serve inoltre una riforma unitaria del sistema d’esecuzione penale. La ministra Cartabia, il presidente Draghi e il Governo tutto ne prendano atto e aprano immediatamente un confronto, il resto – conclude il segretario della Uilpa penitenziari – sono solo palliativi”.
Il Si.N.A.P.Pe, attraverso la voce del Segretario Generale Aggiunto Luigi Vargas e del Segretario Regionale Pasquale Gallo, analizza così l’evento:
“Complice della rocambolesca evasione la cronica carenza di organico che affligge, in forma grave, i penitenziari campani.
Negli ultimi tempi, a causa della mancata reintegrazione del personale posto in quiescenza, il livello di sicurezza delle carceri é sceso ad un minimo storico, motivo per cui il Sinappe ha più volte invocato l’intervento dei Superiori Uffici affinché sia ivi assegnato nuovo personale, di ogni ruolo.
Basti pensare che presso il carcere di Avellino, ma non solo, il delicato compito della sorveglianza generale dell’istituto, soprattutto nelle ore pomeridiane e notturne, viene affidato al ruolo degli assistenti, mentre il ruolo degli ispettori e dei sottufficiali si concentra nei turni antimeridiani.
L’evento verificatosi è estremamente grave, soprattutto perché ha posto in evidenza quelle che sono le enormi carenze, strutturali e di gestione, del penitenziario avellinese; ma probabilmente si sarebbe potuto evitare, se solo si fossero ascoltati i campanelli di allarme provenienti dal Si.N.A.P.Pe. Le perquisizioni ordinarie sono sempre meno efficaci per la carenza di personale e le perquisizioni straordinarie, stando alle ultime direttive ministeriali, devono essere sottoposte preventivamente al vaglio di varie autorità, facendo così venire meno l’effetto sorpresa.
Per di più vista la dinamica, non ci vengano a propinare la solita storia della responsabilità “in vigilando” dei poliziotti in servizio. I primi dati sulla dinamica dell’evento, ancora tutti da confermare, devono invece far riflettere addirittura sull’adeguatezza delle strutture e dei loro materiali di costruzione. Se si pensa che stiamo parlando di un penitenziario che ospita detenuti di alta scurezza, il dato diventa raccapricciante. Una struttura che riesce ad essere violata in un modo così elementare deve leggersi come un grave allarme sociale”.
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