Il “New York Times” conia un neologismo per Paolo Sorrentino: “Estetizzatore“.
È il critico del giornale A. O. Scott ad applicare questa definizione al regista italiano nella recensione del suo ultimo film “È Stata la Mano di Dio” che il prossimo gennaio sarà in corsa per i Golden Globe e che l’Italia ha candidato agli Oscar.
“Un dramma autobiografico sensuale, triste e occasionalmente sublime“, scrive Scott a proposito del nuovo film ambientato nella Napoli degli anni Ottanta e che da oggi è disponibile su Netflix dopo alcune settimane nelle sale.
E aggiunge che, come dimostrato dal regista napoletano in altri film, “quale che sia sordida, triste o grottesca la materia prima – dipendenza e violenza della mafia in ‘Le Conseguenze dell’Amore’, la mezza età di una rockstar in ‘This Must Be the Place’ o Silvio Berlusconi (‘Loro’) – Sorrentino ‘è un estetizzatore compulsivo e sfacciato’, capace di ‘redimere l’orrore della realtà alchimizzandola in bellezza’.
“È Stata la Mano di Dio” ha già’ vinto il Gran premio della giuria a Venezia e il premio Mastroianni per il protagonista Filippo Scotti nel ruolo del giovane alter ego del regista, mentre lo scorso ottobre l’Italia ha candidato il film agli Academy Awards: la shortlist dei 15 migliori film stranieri verrà annunciata il 21 dicembre dopo che lunedì Sorrentino aveva incassato la nomination della Hollywood Foreign Press ai Golden Globes.
Scott afferma che se “La Grande Bellezza”, che ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero nel 2014, è stato “La Dolce Vita” di Sorrentino, “È Stata la Mano di Dio” può essere considerato il suo “Amarcord”.
Un raffronto già fatto da molti, specialmente negli Usa: lo stesso Sorrentino non si è schivato quando, all’inizio di dicembre, ha inaugurato, introducendo “La Strada”, la grande retrospettiva su Fellini organizzata al MoMA: “Lui era un genio. Tutti noi venuti dopo, incluso me, siamo solo dei volgari imitatori“.
Articolo pubblicato il giorno 15 Dicembre 2021 - 18:24