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La pizza di scarole, la saporita pizza rustica agrodolce partenopea.

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Il 24 Dicembre i napoletani hanno la loro abitudine: a pranzo, in attesa della cena, mangiano una fetta di pizza con le scarole.

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I napoletani ” spuzzuleano ” una fetta di questa saporita pizza per rimanere a stomaco leggero ( si fa per dire) e conservare l’appetito per l’abbondante cena della Vigilia dove non si mangia abitualmente carne ma è, quasi tutto, a base di pesce: vongole, baccalà, insalata di rinforzo e tanto altro.
La pizza avanzata dal pranzo, poi, viene tagliata e messa sul tavolo per il cenone come antipasto o contorno.

Come per molti piatti tipici napoletani anche la pizza di scarole nasce nel periodo della povertà.
Durante le feste di Natale le donne che vivevano nei ” vasci ” ( bassi napoletani) preparavano quella che, all’epoca, si chiamava ” pizza con la jeta “.
Queste donne friggevano, nella sugna, piccole ” pizzelle ” con, all’interno, erbe dal retrogusto amarognolo. Poi sistemavano, stesso fuori ai ” vasci “, il cosidetto ” bancariello ” e mettevano tutte le pizze, e altro, per poterle vendere.

Col tempo,poi, è stata presa l’abitudine di fare la pizza di scarole in forno.
I napoletani,prima del Settecento,ovvero, prima di passare alla storia come i ” mangiamaccheroni ” , erano conosciuti come i ” mangiafoglie ” in quanto consumatori di verdure. Le verdure predilette erano, e sono, i friarielli e le scarole.
Le scarole erano un condimento per pochi per cui si sostituivano con la bietola. Ovviamente, nel corso del tempo, la ricetta ha subito delle modifiche dando vita a molte varianti.

La variante più povera era ” pizza con cardilli e farinelli “, erbe spontanee che crescevano nelle campagne della provincia.
Non ci sono certezze su dove sia nata e l’anno in cui è comparsa per la prima volta, ma il primo a codificarne la ricetta fu’ Vincenzo Galante nel suo ” Trattato sulla cucina vegetariana ” spiegando la procedura di cottura e portando questa pietanza anche sulle tavole della nobiltà.

Altrettanto famosa fu’ la variante di Cavalcanti il quale, durante la cottura delle scarole ( con olio,aglio,capperi,olive nere,prezzemolo e gherigli di noce sminuzzati per aggiungere un croccante sapore nel preparato) aggiungeva il baccalà ( prima lessato,poi spellato,spinato e tagliuzzato).

Sulle nostre tavole la scarola o ” indivia ” ebbe origine dopo il 1600.
Conosciuta già dagli Egiziani e dai Romani ma impegnata come medicinale ( per curare le malattie del fegato) e usato in tavola soltanto nel XVII secolo.
L’uso in cucina della scarola è antico, particolarmente in Campania, data la presenza di molta acqua questa verdura risulta poco saporita quindi gli antichi contadini avevano l’abitudine di mescolarla con molti altri ingredienti, dal polpo ai fagioli, dalle patate al pomodoro…gli abbinamenti si differenziavano da provincia a provincia.

Lo chef Francesco Muscariello racconta del ” Pizzicato ” che è stato un’istituzione storica del Secondo Dopoguerra a Napoli.
Il ” Pizzicato ” era il nome di una famosa rosticceria ” simbolo ” di Napoli; era in Piazza del Municipio ad angolo con Via Medina. Era affollato in tutte le ore del giorno da tante e svariate persone che, inevitabilmente, entravano per gustare una pizza fritta,un suppli’,un crocche’ e una fetta di pizza di scarole…il tutto bello caldo caldo.

Lo chef Francesco Muscariello racconta anche di “Margherita ‘a scartellata ” della cantina ” ‘a Luna e ‘o Sole ” in via San Vincenzo alla Sanità che, tra gli anni Sessanta e Ottanta, era famosa per la preparazione e la vendita, non solo di pietanze tipiche e fritture, ma soprattutto delle pizze di scarole in ” ruotielli ” di rame che si riportavano indietro per preparne altre.

Chef Francesco Muscariello ricorda che, quando da bambino faceva il chirichetto nella Chiesa di Santa Maria nella Sanità, all’epoca con Padre Raffaele Ciccone, parroco indimenticabile, a fine messa, per merenda, si correva da ” Margherita ‘a scartellata ” a mangiare la sua pizza di scarole.

Chef Francesco Muscariello si dedica alla preparazione della pizza di scarole rifacendosi a quella che preparava la sua mamma ” Donna Gelsomina ” , con qualche piccola modifica: per l’impasto, semplicemente acqua,farina, lievito, sale e il tutto, una volta lavorato,lasciato crescere per 28/29 ore. Invece per il ripieno, scarole, olive nere di Gaeta, capperi di Salina, acciughe di Cetara, uva passa e pinoli, ovviamente, il tutto rosolato in padella. Prima di infornare a 160/170* per circa 35/40 minuti,spennellata di sugna in superficie e bucherellata sulla pasta con le punte di una forchetta.
Anche la ” pizza di scarole ” ,come un po’ tutte le pietanze napoletane, è ” Famiglia “…soprattutto nelle feste di Natale, quando ci si riunisce stando tutti insieme con amore e allegria!

Valeria Barbaraci

@RIPRODUZIONE RISERVATA

 


Articolo pubblicato il giorno 4 Dicembre 2021 - 15:12


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