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Trent’anni per Domenico Belforte. Ergastolo per sua moglie Maria Buttone. Arriva la conferma della sentenza di primo grado per l’omicidio di Angela Gentile, la donna uccisa per aver avuto una relazione con il capoclan dei Mazzacane. Questa la decisione della Corte d’Assise di Appello di Napoli che ha confermato anche la condanna per Alessandra Golino, nuora di Belforte, accusata di estorsione.
Hanno retto in pieno anche in Appello, le richieste della Procura che ha ricostruito il delitto. Per la Dda Angela Gentile era stata per lungo tempo una fiamma di Domenico Belforte. Da lui, nel 1978, aveva avuto anche una figlia. Il boss, tuttavia, non aveva mai “ufficializzato” quella nascita, al punto da non riconoscere la neonata. Nel 1991, quando ormai la ragazza aveva 13 anni, Belforte si era riavvicinato alla Gentile al punto da offrirle anche alcuni contributi di ordine economico ma scatenando, al contempo, le ire della Buttone. Questa, perciò, pose l’uomo di fronte a un aut aut: o lo avrebbe lasciato, portando con sé i loro figli, oppure lui avrebbe dovuto assassinare quella donna e occultarne il cadavere; in cambio, avrebbe accettato di crescerne la figlia presso la loro casa. Il tragico epilogo della vicenda segnò la scelta del ras il quale, consumato il delitto, occultò il cadavere dell’amante in un sito ancora oggi ignoto. Allo stesso tempo, la Buttone tenne fede al patto, accogliendo la bambina presso casa “Belforte”.
Per la Cassazione – che aveva confermato il carcere per Buttone dopo la pronuncia di primo grado – l’omicidio “non fu causato dalla gelosia di una moglie che aveva scoperto l’esistenza della relazione extraconiugale del marito, Domenico Belforte, a capo dell’associazione camorristica di Marcianise, quanto dalla pretesa, rispondente a deprecabili logiche criminali di tipo mafioso, della moglie del capo clan di ottenere adeguata compensazione per aver subito un torto e accettato di accogliere in casa la figlia illegittima che il marito aveva avuto da quella relazione”.
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