Una maxi truffa attraverso i Titoli di Efficienza Energetica (Tee) conosciuti anche come certificati bianchi che avrebbe generato nel corso degli ultimi anni l’aumento delle bollette energetiche.
E’ stata scoperta dalla guardia di finanza di Aosta che ha fatto scattare 22 arresti tra Italia e Germania, oltre al sequestro di beni per 41 milioni di euro. Gli indagati complessivamente 113. Le accuse associazione a delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e riciclaggio. I fatti risalgono al periodo 2016-2020. L’inchiesta e’ stata avviata nel luglio del 2019. La presunta truffa si e’ sviluppata intorno al meccanismo dei cosiddetti “certificati bianchi” (o Tee, Titoli di Efficienza Energetica).
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Si tratta di un’operazione internazionale che, grazie al coordinamento dell’Agenzia europea per la cooperazione giudiziaria – Eurojust, è stata sviluppata in stretta sinergia con le autorità tedesche con la costituzione di una squadra investigativa comune tra la Procura della Repubblica di Aosta e quella di Duisburg.
Insieme agli arresti sono state eseguite decine di perquisizioni e sequestri di conti correnti, disponibilità finanziarie, immobili e criptovalute, sino alla concorrenza del valore di 41 milioni di euro, ovvero l’equivalente delle somme ottenute con la truffa posta in essere e di quelle riciclate.
Grazie all’inchiesta, avviata nel luglio del 2019 dal Nucleo Polizia Economico Finanziaria di Aosta, è stata scoperta un raggiro posto in essere da un’associazione criminale con base nella provincia di Torino, imperniata intorno al meccanismo dei cosiddetti “certificati bianchi” (o TEE, Titoli di Efficienza Energetica), principale strumento di promozione dell’efficienza energetica in Italia, introdotto nel nostro ordinamento a partire dal 2005.
Alla base del meccanismo vi è l’obbligo, da parte delle aziende distributrici di energia elettrica e gas con più di 50mila clienti finali, di conseguire annualmente determinati obiettivi di risparmio energetico. Queste possono assolvere al proprio obbligo realizzando progetti di efficienza energetica che diano diritto ai “certificati bianchi”, oppure acquistando i certificati stessi da altri operatori del settore, le cosiddette Energy Service Company (E.S.Co.), società che scelgono volontariamente di realizzare progetti di riduzione dei consumi negli usi finali di energia.
Il Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. (GSE), società a partecipazione pubblica, riconosce sia alle aziende distributrici sia alle E.S.Co. un controvalore in certificati in misura corrispondente al risparmio di energia derivante dagli interventi realizzati. I certificati sono poi liberamente scambiabili sul mercato dei Titoli di Efficienza Energetica gestito dal Gestore dei Mercati Energetici S.p.a. (GME).
Il meccanismo si esaurisce con la presentazione annuale dei “certificati bianchi” presso il GSE da parte delle aziende distributrici che, in tal modo, dimostrano il raggiungimento degli obiettivi di risparmio prefissati e, contestualmente, maturano il diritto all’ottenimento di un contributo tariffario in denaro da parte della Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA).
L’entità del contributo pubblico erogato dalla Cassa è parametrato al valore di mercato dei “certificati bianchi” scambiati e viene finanziato, in ultima analisi, da tutta la collettività, attraverso i prelievi operati sulle bollette energetiche alla voce “oneri di sistema” (per l’energia elettrica, componente tariffaria UC7).
L’indagine, prima coordinata dalla Procura della Repubblica di Aosta e, nella fase finale, da quella di Torino, è iniziata nel Comune di Saint Christophe, dove i Finanzieri hanno scoperto la prima delle otto E.S.Co. fantasma complessivamente individuate nel corso dell’intera attività.
Priva di qualsivoglia struttura operativa e amministrata da un mero prestanome, la società valdostana, ubicata all’interno di un magazzino dismesso, è riuscita ad ottenere indebitamente, a fronte di 26 falsi progetti presentati al GSE, circa 27.000 “certificati bianchi”, rivenduti a un controvalore di poco superiore a 8 milioni di euro.
In questa fase è emerso il coinvolgimento di alcune società tedesche che, per consentire alla E.S.Co. valdostana di giustificare la propria apparente operatività, hanno emesso nei confronti di quest’ultima svariate fatture per consulenze mai prestate, per più di un milione di euro.
I successivi approfondimenti – con indagini finanziarie, intercettazioni telefoniche e ambientali, utilizzo di captatori informatici – hanno consentito di risalire all’esistenza di un sodalizio criminale che, da un anonimo ufficio di Torino, gestiva, oltre a quella valdostana, altre sette E.S.Co. formalmente ubicate nelle province di Milano, Torino, Varese, Asti, Vercelli e Biella, in realtà vere e proprie scatole vuote utilizzate al solo scopo di ottenere e scambiare “certificati bianchi”.
Il tutto – come rileva il gip nell’Ordinanza – reso possibile “sfruttando le falle del sistema legislativo dell’incentivazione del risparmio energetico globale”, se si considera che le fasi di accreditamento presso il GSE, nonché di presentazione e valutazione dei progetti sono avvenute esclusivamente in modalità telematica, senza alcun effettivo reale riscontro sul campo.
La maxi Truffa è stata realizzata dalle E.S.Co. individuate, ottenendo indebitamente certificati bianchi per un valore complessivo di 27 milioni di euro, finanziati, come detto anche a spese degli utenti finali, tramite i prelievi operati sulle bollette energetiche alla voce “oneri di sistema” (per l’energia elettrica, componente tariffaria UC7). In totale, per realizzare la Truffa, son stati presentati 95 falsi progetti riguardanti lavori mai effettuati (prevalentemente sostituzione di caldaie, coibentazione di pareti, cappotti termici) su immobili realmente esistenti sul territorio nazionale che, insieme a ditte e persone inconsapevoli, sono stati sistematicamente individuati attraverso semplici ricerche sul web.
Dei proventi illeciti, ammontanti a oltre 27 milioni di euro, 14 milioni sono stati oggetto di riciclaggio attraverso un collaudato sistema di false fatturazioni tra le otto E.S.Co. e numerose società italiane ed estere compiacenti, ovvero costituite ad hoc. Il denaro, di volta in volta rapidamente bonificato su conti aperti in Albania, Bulgaria, Germania, Liechtenstein, Malta, Principato di Monaco, Slovenia, Spagna, Svizzera, Regno Unito, Ungheria, rientrava in Italia in contanti, attraverso corrieri, per poi essere reinvestito in strumenti finanziari, criptovalute ed immobili di lusso tra cui due ville ad Ischia e Ventotene.
I soggetti indagati per attività di riciclaggio del denaro, tutti colpiti dalla misura della custodia cautelare in carcere, risiedono nelle province di Torino, Brescia, Napoli, Salerno, Foggia e Barletta-Andria-Trani; tra loro figurano anche un commercialista e un dipendente di un istituto bancario mentre altri due corrieri di denaro contante, anch’essi arrestati per riciclaggio, percepivano il Reddito di Cittadinanza.
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