Il pm della Dda ha chiesto il carcere a vita per i boss dei Casalesi Michele Zagaria, Giuseppe Caterino e Francesco Schiavone ritenuti i mandanti dell’omicidio. Fine pena mai richiesto anche per i due specchiettisti del raid Salvatore Nobis ed Antonio Santamaria. Otto anni e 4 mesi, invece, la pena invocata per i collaboratori di giustizia Antonio Iovine e Francesco Zagaria.
La sera del 14 novembre 2002 Lubrano, dopo aver lasciato il suo studio di via Vittorio Veneto, mentre percorreva la strada a bordo di una Toyota Land Cruiser, diretta verso una zona periferica, veniva dapprima superata da un’Alfa Romeo 164 e poi bloccata nei pressi del Bar Giordano, dove i killer del commando iniziavano ad esplodere diversi colpi d’arma da fuoco. Lubrano, nel disperato tentativo di scampare all’agguato, riusciva ad invertire la marcia, tentando la fuga in direzione del centro abitato.
I sicari, quindi, si ponevano all’inseguimento esplodendo numerosi colpi lungo l’intero tragitto fino a via Latina, ove i killer raggiungevano e finivano Lubrano che, nel frattempo, dopo aver urtato con il suo fuoristrada il muro di un’abitazione, aveva tentato una disperata la fuga a piedi. Portato a termine l’efferato delitto, gli autori si dileguavano in direzione di Pastorano, abbandonando l’Alfa Romeo 164, risultata rubata ad Aversa il 12 novembre 2002, in località Arianova ove veniva successivamente rinvenuta bruciata con all’interno le armi poco prima utilizzate.
Secondo quanto ricostruito dalla Dda, Lubrano venne ucciso per vendicare l’omicidio di Emilio Martinelli, fratello del ras dei Casalesi Enrico ucciso da Lubrano ed i suoi sodali. A rivelare il retroscena era stato il collaboratore di giustizia Antonio Abbate durante il processo Spartacus e Martinelli ascoltò quelle parole collegato in videoconferenza. Uscito dal carcere si rivolse ai vertici del clan per ottenere la sua personale giustizia.
Il delitto maturò all’epoca delle guerra fra il clan Nuvoletta il clan dei Casalesi, cui le due vittime erano legate e trovò ulteriore causa in un contrasto insorto fra il Lubrano ed il Martinelli nell’ambito della gestione, da parte dei clan camorristici casertani e napoletani, dei centri Aima di ritiro del prodotto ortofrutticolo eccedentario ( i cosiddetti ‘scamazzi’). Un’inchiesta istruita dalla Dda di Napoli e passata alla storia come Spartacus 3. il collaboratore di giustizia Antonio Abbate raccontò che Emilio Martinelli era stato ucciso da Raffaele Lubrano e dai suoi sodali. Una dichiarazione che Enrico Martinelli, ras dei Casalesi e fratello della vittima, ascoltò in diretta in udienza e che, uscito dal carcere proprio nel 2002, lo portò a maturare la vendetta.
“Appena tornato in libertà (Martinelli) si incontrò immediatamente con me e Francesco Schiavone Cicciariello – ha spiegato recentemente il pentito Nicola Panaro – Ci portò a conoscenza del fatto raccontato da Abbate Antonio”. Martinelli iniziò così a fare opera di persuasione anche “con gli altri esponenti apicali del clan, ossia Antonio Iovine, Giuseppe Caterino e Michele Zagaria diede il placet e ciascuno dei capi dei Casalesi piazzò propri uomini per la commissione del delitto”. La sentenza per i sei imputati che hanno scelto il rito abbreviato ci sarà prima di Natale.
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