Record di caldo, piogge intense, notti tropicali, grandinate estreme, violente trombe d’aria e alluvioni: in Italia l’impatto dei cambiamenti climatici è sotto gli occhi di tutti e i dati sull’accelerazione di questi fenomeni sono sempre più preoccupanti. Dal 2010 al 1 novembre 2021 la Campania ha registrato 70 eventi estremi tra cui 25 danni da trombe d’aria, 21 allagamenti da piogge intense, 14 episodi di danni consistenti a infrastrutture o al patrimonio storico a causa del maltempo, 5 esondazioni fluviali .
Gli effetti più evidenti sono nei centri urbani: a Napoli si sono verificati 18 eventi estremi , 6 allagamenti da piogge intense, 8 episodi di danni alle infrastrutture per piogge intense e 3 danni da trombe d’aria. In seguito a questi eventi a Napoli si sono registrati 15 giorni con stop a metropolitane e treni urbani. Da segnalare il caso di Torre Annunziata dove tra il 2010 ed il 2019 si sono verificate ben 8 trombe d’aria con danni a stabilimenti balneari, esercizi commerciali ed abitazioni.
A scattare la fotografia è il nuovo rapporto annuale dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente – realizzato con il contributo del Gruppo Unipol e con la collaborazione scientifica di Enel Foundation – nato con lo scopo di contribuire a far crescere l’attenzione e le analisi scientifiche sugli impatti che la crisi climatica ha sulle aree urbane e sul territorio italiano e per chiedere di accelerare le politiche di adattamento al clima, a livello nazionale e locale.
“I dati presentati sono eloquenti – commenta Francesca Ferro, direttrice Legambiente Campania– e sono la dimostrazione che serve un cambio delle politiche di fronte a fenomeni di questa portata. Senza dimenticare che il cambiamento climatico ed il dissesto idrogeologico sono due facce della stessa medaglia. In Italia dal 1999 al 2021 sono stati 6.401 gli interventi avviati per mitigare il rischio idrogeologico per un totale di poco meno i poco meno di 7 miliardi di euro spesi .
La Campania è tra le regioni che hanno ricevuto i maggiori finanziamenti, ben 500 milioni di euro per 381 interventi, ma nonostante ciò si conferma una regione dai piedi di argilla. La Regione deve attuare un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, documento necessario per una programmazione efficace di una seria politica di pianificazione territoriale. Un piano da fare bene e subito.”
Nel rapporto Legambiente analizza il valore medio della temperatura nelle aree urbane, tra gli indicatori più importanti per valutare i cambiamenti climatici in corso. I dati per il 2019 che si discostano dalla media del periodo 1971-2000 confermano una tendenza al riscaldamento in tutte le aree urbane prese in considerazione, con aumenti record a Perugia di 2,4°C, seguita da Milano e Roma con +2,1°C e da Torino con +1,9°C. Napoli +1,4
In tutti i capoluoghi di regione si osserva un incremento della temperatura media rispetto al valore climatico. I più alti valori di temperatura media del periodo 2007-2016 si registrano a Palermo (19°C) e Cagliari (18,4°C), seguiti da Bari (17,4°C), Catanzaro e Napoli (17,2°C),
Altro dato significativo è quello del numero di notti tropicali, ovvero quando la temperatura notturna non scende al di sotto dei 20°C. In questo caso Napoli, Ancona, Milano e Palermo hanno rilevato i maggiori scostamenti nel periodo 2007-2016, mentre per quanto riguarda i dati del 2019 spiccano il +62 notti tropicali di Napoli.
Precipitazioni più intense e concentrate in periodi brevi, l’aumento delle temperature in special modo nelle aree urbane, è quanto viene confermato anche dal Rapporto “Analisi del rischio – I cambiamenti climatici della Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) . Nello studio vengono analizzati gli impatti climatici che interessano le città di Bologna, Milano, Napoli, Roma, Torino e Venezia, a cui si affiancano la valutazione del rischio derivato da cambiamenti climatici e gli strumenti di adattamento intrapresi a livello comunale.
Nella città di Napoli, con uno scenario caratterizzato dall’attuazione di politiche climatiche, si prevede un aumento di temperatura media di 2°C con 50 giorni l’anno di ondate di calore in più rispetto ad oggi (quasi due mesi in più di caldo estremo). Piogge intense che fino ad oggi si sono verificate ogni 10 anni, potrebbero verificarsi ogni 4. E sulla città gravano le criticità legate al difficile drenaggio di acqua piovana.
Il problema degli allagamenti è reso ancora più grave dall’alto grado di impermeabilizzazione del suolo e dal fatto che Napoli è fra i comuni italiani con la più alta percentuale di superficie artificiale, pari al 63%. Tutto questo porta a impatti secondari: voragini sulle strade ed edifici meno stabili per effetto di perdite della rete di drenaggio, infiltrazione di acque piovane dalla superficie e conseguente erosione del sottosuolo. La città è, dunque, particolarmente vulnerabile rispetto agli impatti del cambiamento climatico.
Le proposte di Legambiente: Quattro per l’associazione ambientalista le priorità per aumentare la resilienza e ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici. Prima tra queste l’approvazione del Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, la cui mancanza ha impattato anche nella programmazione delle risorse di Next Generation UE.
Si tratta infatti di un documento necessario per arrivare preparati alla fine del 2022, quando sarà possibile rivedere gli interventi previsti dal Recovery Plan, pianificando specifici progetti nelle aree urbane e territoriali più a rischio. Segue la necessità di prevedere un programma di finanziamento e intervento per le 14 aree del Paese più colpite dal 2010 ad oggi. Per l’associazione ambientalista il “Programma sperimentale di interventi per l’adattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano” del Mite – che finanzia interventi nei Comuni con più di 60mila abitanti – è un primo passo in questa direzione ma occorre fare un passo avanti, individuando le aree urbane prioritarie e introducendo un fondo pluriennale che permetta alle città la programmazione di interventi. Inoltre, occorre rafforzare il ruolo delle Autorità di Distretto e dei Comuni negli interventi contro il dissesto idrogeologico.
Infine, bisogna rivedere le norme urbanistiche per salvare le persone dagli impatti del clima, perché si continua a costruire in aree a rischio idrogeologico, ad intubare corsi d’acqua, a portare avanti interventi che mettono a rischio vite umane durante piogge estreme e ondate di calore.
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