Gomorra: nel presentare l’atto finale ovvero la quinta e ultima serie Roberto Saviano ci ha tenuto a precisare che “In Gomorra non esistono eroi positivi”.
L’atto conclusivo della serie cult Sky Original prodotta da Cattleya in collaborazione con Beta Film, sarà in prima tv mondiale il 19 novembre in Italia su Sky. Dieci nuovi episodi, gli ultimi di una saga che ha colpito, appassionato, turbato e fatto discutere.
E a presentare Gomorra 5 al teatro Brancaccio di Roma oggi ci hanno pensato i due grandi protagonisti Marco D’Amore e Salvatore Esposito, che saranno di nuovo faccia a faccia, per l’ultima volta. E anche per i due attori, che proprio sul set di Gomorra hanno costruito la loro popolarità, è stato il momento dei bilanci.
“Questa serie personalmente mi ha cambiato nel profondo e mi ha aiutato a scrollarmi di dosso tanti pregiudizi su quella terra. Ho vissuto quest’esperienza stando in bilico e sentendo la pericolosità di questo racconto. La grande fortuna che ho avuto è che non ero solo su quel filo”, ha spiegato D’Amore.
E poi ha aggiunto: “Tra le tante cose, quello che ha più segnato la mia esistenza è l’incontro con Salvatore, questa chimica a un certo punto ha iniziato a influenzare anche la scrittura. Quel modo di parlarci a un centimetro dal naso, che poi è stato anche parodiato, è venuto da noi”.
“Alla fine di questo viaggio potremmo scrivere gli effetti di Gomorra su di noi”, ha esordito con un sorriso Salvatore Esposito, che lo ha definito “un viaggio incredibile e faticoso che mi ha fatto crescere tantissimo come uomo e artista. La fine di Gomorra è come la fine di una relazione: all’inizio sei euforico e pronto a nuove avventure, poi arrivano un po’ di malinconia e la tristezza, ma anche la consapevolezza di aver dato forse più del massimo. E con questa consapevolezza guarderò questa serie tra dieci anni”.
I dieci nuovi episodi di ‘Gomorra – Stagione finale’ sono stati girati fra Napoli, Riga e Roma. Sono stati scritti dagli head writer Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli che firmano anche il soggetto di serie con Roberto Saviano, presente al Brancaccio. I primi 5 episodi e il nono sono diretti da Marco D’Amore, già regista di due episodi di Gomorra 4 e del film ‘L’Immortale’, che fa da ponte narrativo fra la quarta e la quinta stagione. I restanti episodi sono invece diretti da Claudio Cupellini, al timone fin dagli esordi della serie.
La colonna sonora è firmata anche in questa stagione dai Mokadelic. Con Genny, costretto alla latitanza in un bunker alla fine della quarta stagione, e Ciro, creduto morto alla fine della terza stagione e tornato in scena in Lettonia, tornano anche altri personaggi celebri come Azzurra (Ivana Lotito) e l’ex re di Forcella Enzo Sangue Blu (Arturo Muselli). Non mancano ii nuovi ingressi nel cast.
E, come all’inizio di ogni nuova stagione, si riaccende il dibattito sul rischio emulazione. D’Amore alla domanda sbotta: “Sono dieci anni, non ce la faccio più…”, dice l’attore napoletano, prima di aggiungere: “Quei ragazzi con Gomorra si fanno quattro risate. Non siamo noi l’esempio’, ce l’hanno tutti i giorni davanti agli occhi in luoghi dove lo Stato non esiste”. “Si tende a trovare del marcio dove il marcio non c’è”, gli fa eco Esposito.
L’ultima parola sul tema spetta all’autore Roberto Saviano: “Gomorra e’ stato il racconto dei meccanismi di potere e del profitto, una grammatica che appartiene alle periferie di tutto il mondo. Ma ‘illuminare’, cosi’ come ha fatto la serie, significa iniziare a conoscere la strada della soluzione”.
La fiction cult, venduta in 193 Paesi, immersa nella contemporaneita’, che ha lanciato talenti e’ giunta alla sua quinta stagione (in onda dal 19 novembre su Sky Atlantic) e’ nata dal romanzo di Roberto Saviano (Mondadori) venduto in tutto il mondo.
“Da ragazzo andavo – ha spiegato lo scrittore nel corso della presentazione al teatro Brancaccio di Roma – su quella vespa (che non puo’ piu’ guidare e’ sotto scorta ndr), a Napoli e a Scampia, per raccontare il potere, la violenza, una realta’ piu’ complessa del semplice racconto della criminalita’ della mia terra. E oggi per decifrare le pallottole di una qualunque periferia, in Corsica o nelle Filippine, in Messico o in Brasile, la parola magica e’ Gomorra”.
Poi l’immancabile domanda sul rischio di emulazione e sull’assenza dello Stato. Roberto Saviano ancora una volta spiega: “La presenza dello Stato e’ vista come una interferenza e la criminalita’ nel post Covid sta facendo investimenti enormi… Nessuno e’ diventato criminale vedendo Gomorra, nessuno e’ diventato prete guardando don Matteo o trafficante di droga perche’ ha visto Breaking Bad “.
“I protagonisti sono gia’ sconfitti, sanno di essere delle prede, sono soli, non possono fidarsi di nessuno, sono consapevoli, che prima o poi moriranno o uccisi dai rivali o traditi. Il pubblico perche’ dovrebbe emularli?”.
“Questa polemica sul male nasce da una serie di fraintendimenti. La serie non spinge verso il male, ma aiuta a comprenderlo dando gli strumenti per capirlo e smontarlo. Gomorra non racconta il perimetro di Scampia, ma racconta tutte le periferie del mondo: e solo una serialita’ poteva permettere di farlo. Gomorra racconta il potere. L’obiettivo e’ stato quello di costruire una narrazione del nostro tempo: o freghi o sei fregato. Con Gomorra non vogliamo dire ‘questo e’ il bene’ o ‘questo e’ il male’ ma vogliamo sottoporre allo spettatore la complessita’ del mondo”.
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Articolo pubblicato il giorno 15 Novembre 2021 - 19:42