Giuseppe Tipaldi, noto come Peppe a’ recchia, aveva oltrepassato i limiti che i clan di camorra consentono a chi comanda. E per questo che doveva morire: e così è stato.
Giuseppe Tipaldi, dopo essere stato scarcerato stava gestendo e controllando gli affari illeciti nelle zone Chiaiano e Marinella di Napoli. La gestione troppo mirata a curare solo i suoi interessi hanno attirati anche inimicizie interne oltre a quelle dei rivali nuovi e quelli storici.
Gli investigatori ritengono che il suo omicidio questa notte davanti al circolo privato di via Ianfolla a Miano sia frutto di una decisione di diverse famiglie malavitose della zona. Giuseppe Tipaldi era il figlio del ras Gaetano Tipaldi, entrambi ex affiliati di spicco del clan Lo Russo, ormai quasi estinto.
Al vaglio degli investigatori della Polizia di Stato (Squadra Mobile e locale commissariato), al momento, ci sono due ipotesi, riguardo al movente dell’agguato mortale: epurazione interna oppure omicidio architettato da gruppi malavitosi rivali, organizzatisi per scalzare “Peppe a’ Recchia”. Giuseppe Tipaldi era, tra l’altro, il fratello di Massimo Tipaldi, uno dei componenti del commando che mise a segno quello che a Napoli viene ricordato come l’omicidio dell’ambulanza.
I fatti risalgono al 19 maggio 2004 quando Massimo Tipaldi, con alcuni complici, lungo viale Colli Aminei assassinò Giuseppe D’Amico mentre a bordo della propria auto, “scortava” un’autoambulanza a bordo della quale si trovava Salvatore Manzo, elemento di spicco del clan Stabile che stava per essere trasferito dall’ospedale Cardarelli ad una clinica privata.
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Manzo era finito in ospedale a seguito delle ferite riportate nel corso di un agguato avvenuto a Marianella. I sicari uccisero prima D’Amico e poi Manzo. La moglie di quest’ultimo, che si trovava all’interno dell’ambulanza, fu ferita ad una gamba.
RUOTOLO: “E’ INACCETTABILE questo stato di coprifuoco permanente”.
“ È inaccettabile questo stato di coprifuoco permanente. Occorre reagire”
“Ancora un omicidio a Napoli. Il secondo in poche ore. Le prime avvisaglie tre giorni fa con un agguato a Volla, dove un 54enne è rimasto ferito in modo grave. Poi a Fuorigrotta con l’uccisione di un 30enne e ieri notte è toccato a un 38enne a Miano. La città è in guerra.
Clan, gruppi emergenti tengono sotto scacco molte aree di Napoli e dei Comuni dell’hinterland. È una emergenza scandita da agguati, attentati e bombe. C’è una comprensibile paura e il timore di trovarsi sulla traiettoria delle pallottole vaganti. La situazione desta forte preoccupazione e allarme. È inaccettabile questo stato di coprifuoco permanente. Occorre reagire. Più presenza delle forze dell’ordine in strada, rendere più visibile il quotidiano impegno di polizia, carabinieri e guardia di finanza ma soprattutto si vince facendo rete con le associazioni, il volontariato, le parrocchie, i rappresentanti istituzionali.
Non a caso in molti quartieri non solo di Napoli ma anche della Città metropolitana stanno sorgendo i Comitati di liberazione dalla camorra. Un modo nuovo di stare insieme, fare un pezzo di strada dal basso per rompere il muro dell’indifferenza. O si è contro la camorra, o si è complici”. Lo afferma in una nota il senatore Sandro Ruotolo del Gruppo Misto LeU-Ecosolidali
Articolo pubblicato il giorno 12 Novembre 2021 - 15:41