Napoli. E’ stata ricostruita la probabile dinamica dell’agguato della notte scorsa a Ponticelli in cui ha perso la vita il 23enne incensurato Carmine D’Onofrio.
Il fatto che il il giovane sia il figlio illeggittimo del boss Giuseppe De Luca Bossa fratello dell’ergastolano Antonio De Luca boss o’ sicc non lascia dubbi: è un vero e proprio segnale di guerra lanciato dal gruppo dei De Micco De Martino da anni in guerra con gli stessi De Luca Bossa-Minichini.
Secondo quanto raccontato ai carabinieri, che conducono le indagini sotto il coordinamento della Dda di Napoli, D’Onforio aveva parcheggiato l’auto davanti casa in via Crisconio. La sua compagna, incinta e all’ottavo mese, aveva appena lasciato l’abitacolo della vettura, mentre lui si è attardato a raccogliere telefonino e portafoglio, quando ha agito un killer solitario, a piedi, nascosto dietro un’auto in sosta.
Il sicario ha utilizzato una pistola calibro 45 estratta dalla tasca e puntata contro il ragazzo incensurato. Sette colpi, l’intero caricatore. Il primo colpi al volto, cinque al corpo orami a terra e infine quello finale alla testa. Il sicario conosceva le sue abitudini ma di certo è stato avvisato da qualcuno dell’imminente rientro a casa della vittima. Qualcuno, che probabilmente la vittima conosceva, deve aver seguito i suoi spostamenti ed è per questo che gli investigatori hanno interrogato la sua compagna per avere conoscenza dei posti frequentati dalla coppia prima di far ritorno a casa.
Gli investigatori stanno anche verificando le immagini delle telecamere di sorveglianza pubbliche e private (nella zona non ve ne sono) ma soprattutto dei posti appunto dove i due erano stati in serata per cercare la presenza di persone contigue al clan De Micco De Martino. Si stanno verificando le amicizie e le frequentazioni della giovane vittima.
Una esecuzione di camorra, dunque. Carmine D’Onofrio era stato fuori Napoli per alcuni anni, e aveva fatto ritorno da poco nel suo quartiere.Suo padre Giuseppe De Luca Bossa, capoclan del Lotto 0 di via De Meis, non ha mai ignorato la presenza del ragazzo, che pur non avendo il suo cognome, considerava come un figlio.
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Gli investigatori ricordano che i Di Micco non sono nuovi a morti eclatanti e vittime innocenti. Nella lotta contro i D’Amico nel 2013 al rione Conocal, uccisero Gennaro Castaldi e Antonio Minichini, il giovane figlio di Anna De Luca Bossa e Ciro Minichini solo perché era seduto sullo stesso scooter sul quale si trovava il giovane contiguo al clan D’Amico che era il vero obiettivo dei sicari.
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