“Il giocattolo ribelle“, (Turisa editrice), libro scritto dell’autrice Erlisiana Anzalone, affronta le insidie del web, della rete , che sembrano essere una sorta di mondo parallelo.
Venerdì 29 ottobre a partire dalle ore 17,00 presso l’OPI (Ordine delle Professioni Infermieristiche di Napoli), in Piazza Carità, si presenta “Il giocattolo ribelle” insieme a Fabio Capomazza, psicologo e psicoterapeuta, al sociologo Roberto Flauto dell’Università degli Studi Federico II di Napoli, e l’avv. Rocco Truncellito del Foro di Napoli.A moderare l’evento, il medico chirurgo e giornalista Antonio Vitale. Alcune pagine del testo saranno lette ed interpretate dall’attore Andrea Cancelliere.
Una realtà quella dei social, che se da un lato ha rivoluzionato le nostre vite, permettendo di comunicare ed interagire a grandi distanze, dall’altra è priva di sfumature emotive, di contatto umano.
Non c’è l’atto di palesarsi o ascoltarsi, fondamentali all’interno di una relazione, ma la chat diventa il contenitore di like, emoticon, e luogo di espressione. Quel parcheggio dove transitano, si fermano e sostano personalità ‘devianti’, profili narcisistici, soggetti disturbati.
È proprio ciò che accade a Mia, la protagonista del romanzo che, dopo aver ceduto alle lusinghe di colui che sembrava essere una persona ‘perbene’, brillante, e dai modi gentili, inizia a ribellarsi ad un gioco che non funziona più, perché è unidirezionale. ‘Slanci’ travolgenti e poi di nuovo comunicazioni criptiche e incostanti misti a silenzi sempre più disarmanti.
Il gioco è la conquista, questo affascina l’uomo che conosce Mia. E una volta che la donna cade nella rete, rilancia l’esca e passa alla prossima cattura e la mistificazione continua. L’inganno è dietro l’angolo. Un’arte predatoria che punta a manipolare e distruggere l’altro.
Mia, con fatica e sofferenza, inizia ad individuare i primi segnali di una personalità narcisistica, le è chiara la verità. Essere umiliata, sentirsi inadeguata, questa è la prima forma di violenza a cui dire basta . Il primo impulso, dopo le cicatrici, è liberarsi dalle ipocrisie, dalle vessazioni psicologiche e dalla non solidarietà femminile. Si ricomincia da qui, dal sentirsi “Abbastanza”.
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