Napoli. I medici ma anche l’uso di un mediatore culturale, hanno permesso al II Policlinico di Napoli di salvare un bambino afgano, convincendolo a curarsi il diabete e facendolo uscire da un disagio che lo aveva portato a un tentativo di suicidio. E’ la storia del piccolo Karim (nome di fantasia, ndr) di 13 anni che e’ stato preso in cura e oggi dimesso dall’Unita’ Operativa Semplice Dipartimentale di Neuropsichiatria Infantile della Federico II di Napoli.
Il ragazzino era fuggito dall’Afghanistan caduto in mano ai talebani sull’ultimo volo in partenza a fine agosto, senza parenti viene accolto in una casa famiglia nel Cilento. Ma Karim porta dentro troppo dolore e troppi tormenti e tenta la fuga con una bicicletta, cercando di raggiungere un parente in Francia.
Durante la fuga Karim si sente male, i medici che lo prendono in cura scoprono che il ragazzo e’ diabetico e viene ricoverato. Lui pero’ non accetta di stare in ospedale e ha difficolta’ a comprendere quello che sta accadendo e cosi’ arriva a un gesto estremo, buttandosi dalla finestra. Solo l’intervento tempestivo da parte dei sanitari e degli accompagnatori scongiura il peggio. A questo punto Karim viene portato alla Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Federico II, guidata da Carmela Bravaccio, dove si lavora per sostenerlo nel percorso di accettazione di diagnosi e cura del diabete, ma anche vagliare lo stato mentale.
Nonostante le difficolta’ legate alla lingua e alle diverse usanze, l’intervento di un mediatore culturale consente l’instaurarsi di un rapporto di fiducia con il personale sanitario. Karim impara a fidarsi e apprende gradualmente informazioni mediche e gestionali riguardanti il diabete e un supporto finalizzato a restituire una prospettiva nuova e diversa di vita.
Un lavoro di equipe, dunque, che ha visto interfacciarsi, ognuno per le proprie competenze, medici diabetologi pediatri, assistenti sociali e neuropsichiatri infantili, in rete con il territorio e con le istituzioni giuridiche preposte alla gestione di un caso tanto delicato. Il percorso di gestione d’urgenza si e’ concluso con un lieto fine, ma non si conclude il percorso clinico e di follow-up per un caso che necessita di attenzione da parte delle istituzioni e dei servizi del territorio.
“La storia di questo bambino – sottolinea il direttore generale Anna Iervolino – ci ricorda la ragione per la quale il nostro lavoro nell’area della Neuropsichiatria infantile e’ essenziale. Il vissuto di Karim e’ legato agli orrori dai quali e’ dovuto fuggire, storia come ce ne sono tante. Per questo la nostra Azienda Ospedaliera Universitaria intende continuare a fare rete con il territorio per garantire risposte concrete in situazioni di grande complessita’ diventando sempre piu’ un polo di riferimento, non solo regionale, per le emergenze-urgenze in ambito neuropsichiatrico”.
Articolo pubblicato il giorno 13 Ottobre 2021 - 14:11