Caivano. Il ritrovamento del cadavere di Antonio Natale pone all’attenzione degli investigatori uno scenario inquietante davanti agli investigatori che si trovano do fronte al solito muro di omertà ma anche a una nuova ferocia criminale.
Dalle indagini emerge che Antonio Natale si sarebbe appropriato di soldi e armi del nuovo clan del parco Verde. E proprio sui nuovi boss e sulla loro ferocia che don Patriciello, il noto parroco della lotta alla camorra e alla terra dei Fuochi in un puntuale intervento su Avvenire spiega quello che accade in quel territorio difficile.
“Antonio non è stato uno stinco di santo, la gente lo sa e trae le sue conclusioni, che, per quanto comprensibili, sono da rigettare. Guai a dire: la colpa è sua; guai a rinunciare al desiderio di legalità; guai a relegare in soffitta la pietà.
Qualcuno dice che siamo ritornati agli anni ’80. Forse è vero, forse no. Dopo aver insanguinato le strade della Campania, dopo anni di carcere duro, anche Raffaele Cutolo ha detto addio alla vita. Che vita grama e infelice, la sua. Che sciupio d’ intelligenza, giovinezza, talenti, serenità, gioia di vivere. Che situazioni assurde, macabre, grottesche ha vissuto. Poveraccio, non si accorse che non vale la pena usurpare patrimoni che non potranno mai essere goduti.
Io non so se siamo ritornati agli anni ’80, so solo che, ancora una volta, navighiamo in acque burrascose dalle quali non sappiamo uscirne da soli. Inutile girarci intorno, i territori a cavallo delle province di Napoli e Caserta sono un ricettacolo d’ immondizie e di fetori di ogni tipo; in balia di bande camorriste che seminano terrore e morte.
Mentire a riguardo sarebbe vergognoso e pericoloso. Le nostre amministrazioni comunali, con gli strumenti e gli uomini che hanno a disposizione, non ce la faranno mai ad assicurare la pace e la legalità. In ogni comune mancano all’appello decine di vigili urbani; nelle caserme dei carabinieri, il personale andrebbe almeno raddoppiato.
Queste nuove ondate di camorristi nati a cavallo dell’anno 2000, spaventano per la ferocia e l’inesperienza. Cocaina, sesso, tatuaggi, barba lunga e capelli corti, bella vita, portafoglio zeppo, scarpe e abiti firmati, pesanti catene d’oro al collo, auto e moto a noleggio, pigrizia, pistola in bella mostra, cultura pari allo zero: ecco l’identikit del moderno camorrista.
Lo Stato non può lasciare Caivano e i paesi limitrofi nelle loro mani; non può trattare gli italiani in modo disuguale. Al contrario, deve essere più forte e presente laddove l’antistato, si fa più feroce e prepotente. Governo, regione e parlamento dovrebbero temere e tremare, insieme a noi, al pensiero che tanta gente si va convincendo che in fondo è giusto che un quasi ragazzino venga sequestrato, tenuto prigioniero, e forse ucciso, da chi, come lui, è finito nel buco nero della camorra. Ecco, se c’è una cosa che mi fa veramente paura è questa rassegnazione.
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Mi impressiona chi dice: se l’è cercata, sapeva che sarebbe finita così. Capisco il senso di frustazione della politica locale, non m’interessa trovare capri espiatori, una sola cosa è certa: da soli non ce la facciamo a uscire da questa maledetta storia. Domenica mattina, Noemi, la bambina rimasta gravemente ferita nella sparatoria di due anni fa in piazza Nazionale a Napoli, è venuta a Messa a Caivano con i genitori.
Che dolore vedere questo angelo fragile e indifeso, serrato in un busto ortopedico per poter rimanere in piedi. Non deve accadere più. Diamoci da fare. Siamo ancora in tempo. Uniamo le nostre forze per mettere al riparo e assicurare un futuro ai ragazzi dei quartieri a rischio prima che vengano risucchiati e stritolati dal maledetto vortice della camorra disumana”.
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