“La vita è uno spettacolo“, diceva Elio Pandolfi. E lui, artista dai molti talenti, ne ha attraversato davvero tutti i generi. Attore, cantante, tra i più grandi doppiatori italiani con oltre 500 film all’attivo (e voce anche di Stanlio della coppia Laurel & Hardy), si è spento questa notte nella sua casa romana a 95 anni.
Per sua stessa volontà, fanno sapere dalla famiglia, non si terranno funerali. Lascia un figlio adottivo, Natale Orioles, ma soprattutto, ricorda oggi il regista Pino Strabioli, “con lui se ne va uno degli ultimi di quella generazione di attori che avevano fatto di tutto, dalla prosa alla rivista”
Nato a Roma il 17 giugno del 1926, terzo dei quattro figli di Saturno, custode dell’Istituto Tecnico Vincenzo Gioberti in pieno centro storico, Pandolfi aveva cominciato a mostrare il suo eclettismo sin da quando portava ancora i calzoni corti. “Io non avevo chiesto niente, ma Dio di talenti me ne ha dati tanti“, si divertiva a raccontare.
La sua prima sostenitrice, mamma Maria che capì subito quanto quel figlio fosse diverso dagli altri, sempre preso a inventare commedie, organizzare recite. La prima volta in scena, nel 1940, con un’operetta, Al cavallino bianco, nel teatrino della parrocchia. “Mi sentivo attore nato. Non era una scelta. Dovevo assolutamente fare l’attore. A tutti i costi“, diceva lui.
La carriera, quella professionale, parte poco dopo, con il diploma all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma, il debutto a Venezia nel 1948 come mimo-ballerino in Les malheurs d’Orphée di Milhaud e finalmente l’ingresso con Orazio Costa al Piccolo Teatro di Roma e l’incontro con Garinei e Giovannini, presentati dall’amica Bice Valori, che lo scritturano per La bisarca e, più avanti, per Alleluja brava gente!.
Sono gli anni d’oro del teatro musicale e Pandolfi recita con Wanda Osiris, con Nino Manfredi o Carlo Giuffré. Luchino Visconti lo sceglie per il ruolo del cantante castrato de L’impresario delle Smirne insieme a Rina Morelli.
La risata sempre pronta, così come la giusta sferzata alla romana, la voce pulita e brillante, il grande pubblico lo ricorda soprattutto per i tanti anni in coppia con Antonella Steni, con cui debuttò nell’operetta La barca dei comici, ma realizzò anche tante trasmissioni radiofoniche, come Scanzonatissimo insieme ad Alighiero Noschese; per i grandi varietà che tenevano tutti a casa, come Studio Uno con Mina; e La vedova allegra, che dal debutto nel 1985 al San Carlo di Napoli resterà sempre un suo cavallo di battaglia.
Tra i film, non molti, in cui invece recita, soprattutto negli anni ’50, c’è Perdonami! di Mario Costa ma anche un cult come Totò lascia o raddoppia? di Camillo Mastrocinque.
“E di tutto questo – racconta Strabioli – era una vera memoria vivente: ricordava tutto, ogni incontro con Wanda Osiris e quel mondo che oggi non c’è più. Da sempre, poi, filmava tutto. Aveva un archivio pieno di immagini di Panelli, Mastroianni, Bice Valori“.
Nel 2016 arriva il Nastro d’argento alla carriera per il documentario a lui dedicato A qualcuno piacerà, diretto da Caterina Taricano e Claudio De Pasqualis.
“Ma forse – aggiunge Strabioli – è stato poco riconosciuto e onorato. Mi rimproverava sempre: ‘in tv hai dedicato uno speciale a tutti tranne che a me’. Pigrizia della Rai“.
“Il mondo dello spettacolo piange oggi la scomparsa di un suo grande protagonista“, si unisce ora anche il ministro della cultura, Dario Franceschini.
L’ultima volta in palcoscenico, nel 2019 a Roma in “Io mi ricordo” con Riccardo Castagnari e la regia di Paolo Silvestrini, in cui Pandolfi quegli anni d’oro li ripercorreva a modo suo. Perché, come diceva, “non c’è nessuno che si sia divertito con me“.
Articolo pubblicato il giorno 11 Ottobre 2021 - 16:04