Torre Annunziata. Ai domiciliari il padre dell’assassino di Maurizio Cerrato, ucciso per un posto auto: la rabbia dei familiari e l’indignazione del senatore Ruotolo.
Francesco Cirillo era stato l’ultimo a essere stato arrestato aver partecipato all’omicidio di Maurizio Cerrato, il 61enne ucciso in via IV Novembre a Torre Annunziata per aver soccorso la figlia dopo una lite per un parcheggio. Il Riesame gli ha concesso gli arresti domiciliari, era in carcere con l’accusa di concorso anomalo in omicidio volontario. Assistito dall’avvocato Antonio Iorio, Cirillo ha spiegato di aver partecipato alla spedizione punitiva, ma che non c’era da parte del gruppo l’intenzione di ammazzare il 61enne. Restano in carcere i fratelli Giorgio e Domenico Scaramella e Antonio Cirillo, suo figlio, ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio, avendo sferrato la coltellata mortale a Cerrato. “Mio marito non ha avuto diritto al Riesame, noi non abbiamo diritti a sconti di pena. Se c’è una giustizia Divina tu padre indegno di questo nome pagherai fino al resto della tua miserabile vita. Fine pena mai per gli assassini”, ha scritto su Facebook la moglie della vittima, Tania Sorrentino.
Il 67enne ha ammesso di aver partecipato alla spedizione puntiiva nei confronti di Cerrato, ma di non aver avuto l’intenzione di ammazzarlo. Lui ha dichiarato di essere accorso in via IV Novembre per soccorrere la figlia.
“La decisione del Riesame lascia sgomenti”. Ha detto Sandro Ruotolo, senatore del gruppo Misto, che si augura che “la Procura della Repubblica faccia ricorso, anche perché l’indagato avrebbe ammesso la sua partecipazione alla tragica spedizione punitiva”. “La nostra solidarietà – aggiunge – va alla vedova e alle figlie di Maurizio Cerrato la cui esecuzione ha rappresentato uno spartiacque nella storia recente di Torre Annunziata e deve indurre tutti noi a reagire contro la camorra e il malaffare. È giunto il momento che Torre Annunziata si schieri. Chi è indifferente è complice dell’agonia della città. Occorrono segnali concreti a cominciare – conclude – dallo Stato che dimostri di essere Stato. Ma anche la città deve scendere in campo a difesa della legalità contro la cultura della violenza e della sopraffazione”.
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