Terra dei Fuochi. Petizioni online ai ministeri e denunce in procura per richiamare l’attenzione sui roghi tossici a Napoli e Caserta: «We can’t breathe – Nun putimme riciatà»
«Siamo una generazione perduta. Siamo i 20, 30, 40enni che vivono nella Terra dei Fuochi. Siamo morti che camminano. Siamo orfani di madri, padri e nonni che ci hanno costretto a salutare in modo prematuro». È una lettera aperta al governo quella di Gioventù Bruciata, un gruppo di cittadini che con l’iniziativa social «We can’t breathe – Nun putimme riciatà» sta denunciando l’aumento dei roghi tossici e le conseguenti nubi di fumo nero diventati il triste simbolo di un’intera area a Nord di Napoli e a sud di Caserta.
La frase «We can’t breathe» è un richiamo all’assasinio di George Floyd, l’afroamericano ucciso da un ufficiale di polizia negli Stati Uniti con un ginocchio sul collo mentre implorava di liberarlo proprio perché non riusciva a respirare. Analogamente, i miasmi maleodoranti derivanti dai numerosi roghi di rifiuti in discariche abusive sparse nel Napoletano e nel Casertano diffondono diossina e altri gas inquinanti che continuano a provocare tumori.
«Alziamo alto il grido di dolore di chi ha perso il proprio diritto a respirare aria pulita e a vivere in un ambiente salubre – scrivono i cittadini, che al momento non si sono costituiti né come comitato né come movimento –. Da ormai un mese o più i nostri comuni sono ferocemente colpiti da una puzza vomitevole, che genera emicranie, mal di stomaco, allergie, e chissà cos’altro. Siamo quindi obbligati a barricarci nelle nostre case, soprattutto di sera e al mattino presto».Un lockdown forzato anche per i bambini costretti a giocare tra le pareti domestiche per ripararsi da un’aria irrespirabile proveniente dai vari siti di smaltimento che i residenti elencano: «Cava Alma, Cava Riconta, Resit 1 e Resit 2, Taverna del Re, Settecainati, Cava Giuliani, Stir, Ponte Riccio».
Vivere così diventa impossibile: «Viviamo in un’aerea di 426 chilometri quadrati – si legge nel testo indirizzato al premier Mario Draghi, ai ministeri dell’Ambiente, della Salute e degli Interni – che raccoglie diversi comuni ed in cui negli anni sono stati accertati 2.767 siti di “smaltimento abusivo di rifiuti, anche pericolosi”. Il 37% della popolazione presente nell’area, oltre 354mila cittadini, si è ritrovata a vivere a meno di 100 metri “da almeno un sito o più di uno”, esponendosi ad agenti chimici che sono causa di tumori, nascite premature, asma, malformazioni congenite, leucemie che colpiscono giovani in età compresa tra 0 e 19 anni».
Le accuse a De Magistris
Nel mirino finisce il sindaco di Napoli Luigi De Magistris «che, dopo una presunta indagine sull’adeguatezza dei siti di smaltimento presenti nella periferia Nord di Napoli, ci condanna a ricevere circa 150 tonnellate di rifiuti provenienti dalla capitale». La Sapna, la società pubblica che gestisce tutti gli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti dell’ex provincia di Napoli, accoglierà dal 4 ottobre al 31 dicembre 150 tonnellate di rifiuti della capitale al giorno.
Le richieste di Gioventù Bruciata
Da qui la richiesta al governo di intervenire d’urgenza per la bonifica del territorio e impegnare parte del Recovery Plan per salvare i comuni (non solo quelli già indivudati nel Cis, il contratto istituzionale di sviluppo): «Chiediamo, inoltre, che i fondi europei Next Generation Eu siano impiegati in questa terra, perché la “next generation” siamo noi, e stiamo scappando via».
Richiesta anche una nuova commissione d’inchiesta parlamentare sulla Terra dei fuochi, che monitori e sia presente sul territorio, per accertare le responsabilità. L’appello è anche ai media affinché ne parlino e all’esecutivo: «Vogliamo soluzioni. E le vogliamo ora. Non c’è più tempo. Non possiamo aspettare un secondo in più».
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