Roma. Estorsione a tassisti e autisti anche in pieno lockdown: arrestato l’amministratore di 21 cooperative della Capitale.
E’ finito agli arresti domiciliari l’amministratore di fatto di 21 società operanti nel trasporto persone a Roma. Le vittime erano costrette a versare esosi contributi pur di lavorare ed erano tenute sotto scacco con minacce di licenziamento o di sequestro delle vetture.
All’esito di complesse indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma i Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno eseguito una misura cautelare agli arresti domiciliari – emessa dalla Sezione del Giudice per le Indagini Preliminari del locale Tribunale – nei confronti dell’amministratore di fatto di 21 società cooperative operanti nel settore del trasporto persone, per il reato di estorsione reiterata ai danni di numerose persone offese, in particolare di dipendenti tassisti-autisti. Le investigazioni, condotte dal 6° Nucleo Operativo Metropolitano e sviluppatesi attraverso perquisizioni, analisi delle movimentazioni bancarie e indagini tecniche, hanno fatto emergere l’esistenza di uno “spaccato criminale” ormai consolidato e diffuso, gestito dall’indagato, che vedeva i tassisti, soci-lavoratori di numerose cooperative di taxi e Ncc, costretti a sottostare a regole economiche estremamente vessatorie pur di mantenere il posto di lavoro. Per perseguire tale finalità, l’indagato minacciava le vittime di licenziamento o di privarle, in caso di recesso dalle società, delle autovetture utilizzate per l’attività lavorativa, ovvero di promuovere azione legali pretestuose per asseriti crediti delle cooperative, così costringendoli a restare “incatenati” alle medesime sottoponendoli, approfittando del loro stato di bisogno, a condizioni di sfruttamento.
In tal modo, i tassisti-autisti sono stati obbligati, dal mese di luglio del 2018 fino all’anno corrente, a effettuare indebiti e reiterati versamenti di consistenti somme di danaro, anche indipendentemente dai reali incassi, con la predisposizione di buste paga “di comodo” contenenti indicazioni fittizie sugli introiti conseguiti.
Dagli accertamenti è inoltre emerso che persino durante il periodo pandemico (in particolare nel corso del primo lockdown) l’indagato ha continuato a pretendere dai soci il pagamento delle somme pattuite nonostante l’I.N.P.S. avesse riconosciuto ed erogato alle società il fondo di integrazione salariale e malgrado lo stesso non avesse provveduto a distribuirlo. Sulla base di quanto scoperto dalle Fiamme Gialle, le cooperative sono state poste in liquidazione dal Ministero dello Sviluppo Economico, che ha nominato dei commissari liquidatori.
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