Prenderà il via mercoledì 8 settembre la sezione internazionale del Campania Teatro Festival con Marina Otero: alle 21.00, al teatro Politeama di Napoli, con replica il giorno 9 alla stessa ora, debutterà in Italia “Fuck me”.
Lo spettacolo della performer e regista argentina esplora i dettagli che si possono conservare attraverso il corpo, elemento di purificazione per trasformare il proprio ego in un atto di abbandono e dono verso l’altro. I “segni” dell’esistenza, i cambiamenti che gli anni producono in ognuno di noi, diventano teatro-documentario, finzione, danza, performance, improvvisazione, rappresentazione.
“Lo spettacolo “Fuck me” è il terzo capitolo della trilogia Remember to live, un progetto permanente in cui sono io stessa l’oggetto di una ricerca che si sviluppa intorno al tema dello scorrere del tempo. Soprattutto mi piace che si parli di me… E se non ne parlo io, chi lo farà? – spiega Marina Otero – Chi darà forma alla mia causa narcisistica senza vedere un penny? Quale corpo si lascerà coinvolgere nel raccontare la mia vita, fino alla morte? Il mio soltanto. Tutto il mio lavoro consiste in una sorta di ritorno all’infanzia, nell’incontrare la bambina che ero, che taceva perché non sapeva come essere, come sentirsi a proprio agio.
Mi ritrovavo a esercitarmi a fare coreografie con i miei cugini. Nelle mie creazioni mi interessa cercare un’identità tra autore, narratore e protagonista, che diventi non solo un atto narcisistico, ma anche un sacrificio offerto al pubblico. Cerco di andare contro il comfort, sia il mio che quello dello spettatore, per esporre le zone oscure – dire o fare qualcosa che metta a disagio. Tutti ci nascondiamo per non sentire le ferite. Continuiamo la corsa senza sapere dove andiamo.
Corriamo per non avvertire le ferite. Sebbene i miei lavori partano dalla biografia, non esiste un patto di verità con la biografia, poiché in qualche modo “ricordare è ritoccare”. Ma c’è un patto con la mia memoria: le immagini erose dal tempo poeticizzano e deformano “il reale”. La memoria è la fonte del mio materiale coreografico. Come nominare l’assenza? Quando le parole non bastano, il corpo riempie. L’opera si colloca in quello spazio tra corpo e parola, tra ciò che c’è e ciò che manca, tra ciò che percepiamo consapevolmente e ciò che è incomprensibile”.
Gli interpreti sono Augusto Chiappe, Cristian Vega, Fred Raposo, Juan Francisco Lopez Bubica, Miguel Valdivieso e la stessa Marina Otero. Musiche originali di Julian Rodriguez Rona.
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