Covid, affari economici, rifiuti: la camorra punta in alto e si affida alle baby gang per il controllo del territorio. La camorra si adegua ma non cambia il Dna.
E’ quanto emerge dalla seconda relazione semestrale della Direzione distrettuale antimafia del 2020 presentata al Parlamento, in relazione alle organizzazioni criminali che operano in Campania e si ramificano in altre Regioni italiane del Centro-Nord. La camorra – secondo quanto emerge dal rapporto – ha una straordinaria “propensione rigenerativa e la straordinaria capacità di espansione affaristica”.
Una struttura criminale più dinamica rispetto a organizzazioni più strutturate come la mafia, rende la camorra più permeabile e capace di adeguarsi ai tempi. Non a caso, si sottolinea nel rapporto, la camorra ha strumentalizzato “a proprio vantaggio le gravi situazioni di disagio” dovute al “protrarsi dell’epidemia da Covid”.
“Le prestazioni previdenziali verso famiglie e imprese in crisi finanziaria – ricorda la Dia – rappresentano per i clan un’occasione per incrementare il consenso sociale e consolidare il proprio controllo del territorio. Ma connesso alla crisi finanziaria e’ anche il rischio ulteriore che la multiforme dimensione imprenditoriale delle principali organizzazioni camorristiche renda la crisi sanitaria ed economica un’opportunità per la diversificazione dei propri affari, soprattutto nei nuovi settori economici strettamente connessi con il fenomeno pandemico, per il reinvestimento delle illimitate risorse illegali nelle imprese in crisi di liquidità e, più di tutto, per l’accesso ai finanziamenti pubblici stanziati per consentire il sostegno alle imprese e il rilancio dell’economia”.
L’organizzazione campana “resta per dinamiche e metodi un fenomeno macro-criminale dalla configurazione pulviscolare-conflittuale”.
Le consorterie che operano sul territorio “sono tra loro autonome ed estremamente eterogenee per struttura, potenza, forme di radicamento, modalità operative e settori criminali ed economici di interesse”. Queste peculiarità le “contraddistinguono dalle mafie organicamente gerarchizzate come cosa nostra siciliana e ne garantiscono la flessibilita’, la propensione rigenerativa e la straordinaria capacita’ di espansione affaristica”.
Una strategia volta a rimodulare “di volta in volta gli oscillanti rapporti di conflittualità, non belligeranza e alleanza in funzione di contingenti strategie volte a massimizzare i propri profitti fino ad arrivare, per i sodalizi piu’ evoluti, alla costituzione di veri e propri cartelli e holding criminali. Di qui anche il contenimento – si afferma nella relazione -, in linea di massima, del numero degli omicidi di matrice camorristica il più delle volte ormai paradossalmente ascrivibili proprio a politiche di “prevenzione” e/o logiche di epurazione interna, finalizzate a preservare gli equilibri complessivi e a controllare ogni spinta centrifuga”.
Resta comunque “alto l’interesse della criminalità campana verso i settori più remunerativi tra i quali figura quello dei rifiuti. Inoltre, continua a trovare riscontro su più fronti l’ingerenza delle compagini malavitose nel mondo politico-amministrativo dell’intera regione”.
“L”estensione imprenditoriale delle consorterie campane consente loro di mimetizzarsi nei tessuti produttivi come componenti ordinarie dei mercati. Peraltro, in certi ambienti della politica e della pubblica amministrazione verrebbero anche replicate quelle strategie relazionali che, secondo logiche di totale asservimento agli interessi mafiosi, favoriscono sistemi e tecniche proprie dell’illecito (dall’evasione fiscale alla corruzione) con una grave contaminazione dell’economia legale”.
Le organizzazioni criminali camorristiche più solide “hanno preservato nel tempo il controllo del territorio consolidando la propria capacità di gestire gli interessi criminali anche nel resto del Paese e all’estero.
Il traffico di sostanze stupefacenti, il prestito a usura, le estorsioni, il commercio di prodotti contraffatti, il contrabbando di sigarette, l’esercizio abusivo del gioco e delle scommesse, le truffe assicurative e telematiche, le frodi fiscali costituiscono un bacino da cui attingere le maggiori risorse da destinare al riciclaggio.
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In Campania “accanto ai grandi sodalizi mafiosi sarebbe presente una pletora di gruppi-satellite minori a composizione prevalentemente familiare e spesso referenti in loco dei primi e di baby-gang che non possiedono un background criminale di particolare consistenza e stabilità”. Denuncia la Direzione investigativa antimafia.
“Queste ‘bande’ si rivelerebbero comunque pericolose per la pressione che esprimono a livello locale pur di acquisire o conservare il controllo anche di limitati spazi territoriali, rendendosi spesso protagonisti di eclatanti forme di gangsterismo urbano (agguati, stese e caroselli armati)”.
“Cio’ accade – si legge nel documento – soprattutto laddove i clan egemoni, prediligendo il piu’ subdolo affarismo imprenditoriale, hanno allentato la catena di comando e le funzioni ‘tutorie’ di equilibrata regolamentazione dei fenomeni di delinquenza diffusa. In linea con le reiterate manifestazioni di violenza risultano i numerosi rinvenimenti e sequestri di armi illegali anche ad alto potenziale nella disponibilità dei gruppi sia maggiori, sia minori. Il potenziale ‘bellico’ e’ utilizzato senza remore tanto per azioni mirate, quanto per i più generici scopi intimidatori e di rivendicazione di un potere sui territori di riferimento. Tale teatralità criminale è trascesa negli ultimi mesi anche nelle pantomime degli altarini e dei murales che sono assurte più che a forme folcloristiche di devozione verso figure emblematiche degli ambienti del crimine, a veri e propri atti di sfida contro lo Stato”.
Articolo pubblicato il giorno 22 Settembre 2021 - 08:55