Il vescovo di Acerra, Antonio Di Donna, dice “no” ad un nuovo impianto di trattamento di rifiuti speciali liquidi in citta’ e chiede che si intervenga sul piano territoriale regionale, configurando il territorio da “industriale-urbano” ad “agricolo-urbano”.
Monsignor Di Donna, che e’ anche il presidente della Conferenza episcopale Campana, ha infatti auspicato “che venga scongiurato questo accanimento” contro il territorio, ed ha inviato una lettera alla direzione delle “Autorizzazioni ambientali e rifiuti” della Giunta regionale della Campania.
Lo ha fatto in vista della Conferenza dei servizi convocata per il 30 settembre 2021 sulla valutazione ed eventuale approvazione della richiesta di rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dell’impianto di trattamento di rifiuti speciali che prevede lo smaltimento e lo stoccaggio di 50 tonnellate al giorno. “Si intervenga con leggi sul piano territoriale regionale – chiede il presule – che si accanisce a configurare Acerra come territorio “industriale-urbano”, mentre la nostra citta’ e’ piuttosto un territorio agricolo-urbano. E’ sconcertante la ciclicita’ con la quale il nostro territorio diventa suolo appetibile per la realizzazione di impianti di smaltimento e stoccaggio di rifiuti”.
Secondo Di Donna “e’ chiaro il disegno di fare del nostro territorio il polo dell’immondizia e dei rifiuti pericolosi e non pericolosi della regione e forse oltre; e di fare delle nostre terre, soprattutto Acerra, una citta’ di scarto”.
“Fino a quando dovremo ripetere che questo territorio e’ saturo – aggiunge – che deve essere blindato, non sopporta altri impianti? Sembra di assistere ad un gioco delle parti: l’azienda fa richiesta alla Regione che da’ il suo benestare; l’amministrazione comunale da’ il parere negativo; gli ambientalisti protestano; il Vescovo alza la voce, e tutto si conclude secondo un copione gia’ scritto e la povera Acerra, e con essa tutto il territorio, continua ad essere “lo scantinato” della citta’ metropolitana. E il bello e’ che tutto avviene “secondo la legge”, e intanto l’ammalato muore ‘secondo la legge’. Ed e’ per questo che si intervenga sulle leggi – conclude il presule – la nostra citta’ deve essere configurata come territorio agricolo-urbano e non industriale-urbano”.
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