Charlie Watts, batterista dei Rolling Stones, si e’ spento all’eta’ di 80 anni.
Ad annunciarlo e’ stato il suo ufficio stampa con una nota dove si chiede che venga rispettata “la privacy della sua famiglia, dei membri della band e degli amici intimi in questo momento difficile”. Il suo cuore non ha retto a un’operazione di emergenza, rigurgito di quel problema che non gli aveva permesso di partecipare al tour di 13 date della band.
“Per una volta sono andato fuori tempo” aveva commentato, ma il sospetto e’ che i Rolling Stones oggi perdano davvero un pezzo fondamentale del loro organico. L’ultimo ad entrare in effetti, nel 1963, circa un anno dopo l’esordio ufficiale di Mick Jagger e compagni. E a quel tempo Watts, del genere che intendevano proporre e cioe’ quella sorta di incontenibile incrocio tra blues ritmato e rock puro, non ne aveva la minima idea.
Gia’, perche’ Charlie Watts veniva dal jazz: “per me – diceva – il blues era Charlie Parker quando suonava lentamente” e probabilmente, fu questa la fortuna della band tant’e’ che se da fuori Watts era considerato il meno Stones degli Stones, per gli Stones, come piu’ volte affermato anche da Keith Richards, si trattava invece di un collante di inestimabile valore. Intanto umano, l’unico a quanto pare capace di mediare tra due primissime donne come Jagger e Richards.
E poi musicale: i Rolling Stones sarebbero stati diversi senza quel tocco, quel ritmo, quel battito di cuore, che Charlie Watts riusciva a infondere alle capriole rock degli altri membri.
Watts era l’anima riflessiva dei Rolling Stones, mai sopra le righe, anche quando viveva sopra le righe, come ogni rockstar maledetta che si rispetti. Negli anni ’80 infatti, anche lui fini’ nel tunnel dell’eroina, quando nell’ambiente girava con sregolata incoscienza, ma la cosa non divento’ mai di dominio pubblico, quasi top secret rispetto alle pubbliche manifestazioni dell’amico Keith.
Ci lascia oggi quello che Rolling Stone, la rivista, ha piazzato al dodicesimo posto nella classifica dei cento migliori batteristi, ironico, che verra’ ricordato per aver fatto la storia in una band blues rock, quando di fatto si e’ sempre impegnato fino alla fine a non abbandonare il jazz con progetti extra Stones con i quali si era fatto un nome in un universo musicale piu’ intellettualoide ma meno rumoroso e luccicante.
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I Rolling Stones probabilmente continueranno a esistere in maniera piuttosto sciolta, diventati ormai icone intoccabili, pezzi di storia a prescindere, la cui esistenza fisica conta fino a un certo punto; lui verra’ sostituito da Steve Jordan, come successo in queste ultime date, un altro grande della batteria, gia’ famoso per aver suonato con il genietto John Mayer ma soprattutto nei leggendari Blues Brothers, oltre a essere collaboratore in diversi progetti dello stesso Keith Richards e aver fatto tour con Eric Clapton.
Ma qualcosa suggerisce che i Rolling Stones oggi abbiano perso quel quid che li ancorava alla musica suonata, quella di un tempo in cui si sentiva la necessita’ di sopravvivere in un mondo che cambiava connotati ogni decennio. Ed e’ soprattutto grazie a Charlie Watts se i Rolling Stones, alla soglia dei 60 anni di esistenza, siedono ancora tra gli intoccabili della storia della musica.
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