Kuwait. La nube nera è ormai visibile dallo spazio: non si ferma il rogo che da alcuni giorni è divampato nella discarica di Sulaibiya, la più grande del mondo, che contiene oltre 7 milioni di pneumatici.
Si teme un disastro ambientale livello internazionale: il secondo in questa zona dell’Asia del Sud.
Nel 1991 a causa dell’incendio di oltre 700 pozzi di petrolio si registrò una catastrofe ambientale che ebbe ripercussioni su tutta la Terra con fumi e sostanze tossiche che rimasero in atmosfera fino a 1800 metri d’altezza e si riversarono al suolo con le piogge, distruggendo vaste aree boschive e raccolti.
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La nuova catastrofe parte dalla regione desertica di Al Jahra, dove non è la prima volta che si verificano roghi dove sono stipati oltre 7 milioni di pneumatici, il caldo che ha raggiunto quest’anno temperature record fino a 53,6 gradi è stato l’innesco delle fiamme che hanno avvolto in poco tempo la discarica.
Il Kuwait per ragioni economiche e politiche non ha regolamentato lo smaltimento o il riciclo dei rifiuti, per questo nella discarica di Sulaibiya arrivano pneumatici da tutto il mondo. Ci sono stati altri due episodi gravi sia nel 2012 che nel 2020 ma il Governo locale non ha attuato misure per prevenire altri roghi.
La combustione degli pneumatici ha generato la fuoriuscita di grandi quantità di metalli pesanti che rischiano di contaminare interi territori anche oltre i confini Kuwaitiani. I fumi sprigionati dalle fiamme, dicono fonti locali, non ha raggiunto le aree abitate del Kuwait grazie al vento che ha soffiato verso il Golfo Persico.
Ma la colonna di fumo sta raggiungendo, così come accadde 30 anni fa l’atmosfera. Ed è già visibile anche da diversi chilometri di distanza rispetto al punto di combustione. Si teme un nuovo disastro ambientale internazionale.
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