Castellammare di Stabia. Altri tre mesi di lavori per la Commissione d’Accesso chiamata a verificare l’eventuale presenza di infiltrazioni nella macchina amministrativa del comune.
E’ arrivata questa mattina, con alcuni giorni di anticipo, la proroga di tre mesi del termine per l’espletamento degli accertamenti della Commissione di indagine presso il Comune di Castellammare di Stabia , incaricata di verificare la sussistenza di tentativi di infiltrazione e/o di collegamenti della criminalità organizzata nel contesto dell’amministrazione del suddetto Comune.
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La proroga sarebbe dovuta arrivare il 26 agosto, a distanza esatta di tre mesi da quel 26 maggio giorno in cui la triade bussò alla porta del Sindaco Gaetano Cimmino in un clima di imbarazzo misto a incredulità. Era un mercoledì mattina e il viceprefetto vicario della Prefettura partenopea, Enrico Gullotti; il capitano Ivan Iannucci, comandante della compagnia dei carabinieri di Sorrento; il capitano Giada Patriarca, nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Napoli, si presentarono a Palazzo Farnese ed iniziare l’attività investigativa.
Indagini a tutto campo quelle degli ispettori del Ministero che sono partiti dalla tornata elettorale del 2018 a Castellammare richiedendo all’ufficio elettorale le liste dei candidati e gli esiti degli scrutini sezione per sezione. Uno dei primi fascicoli passati a setaccio dagli 007 del Viminale. Molta attenzione proprio su parentele di alcuni consiglieri comunali, sia di maggioranza che di opposizione, un’attenzione del Ministero dell’Interno ancor prima dell’insediamento della Commissione d’Accesso.
E non solo, i fari sono puntati sulla gestione del personale, nell’ambito dell’appalto dei rifiuti, le assunzioni attraverso concorsi pubblici e il settore dei Lavori Pubblici con affidamenti sotto soglia ad imprese ricorrenti. In effetti, dall’insediamento degli ispettori si è verificata una rotazione dei fornitori abituali di Palazzo Farnese.
La commissione ha tuttavia potere di accesso soltanto sull’attuale consiglio comunale. Rispetto alle gestioni precedenti può comunque comunicare eventuali notizie di reato alla Procura competente.
Sono molteplici. Una delle cause di scioglimento più frequenti, anche se spesso non sono indicate come unico motivo del provvedimento, sono i legami, le frequentazioni e le parentele degli amministratori locali con soggetti appartenenti alla malavita organizzata. Questo tipo di rapporti è considerato un indice di elevata condizionabilità dell’ente. Ci sono molti esempi, come lo scioglimento di San Luca (RC) nel 2000, motivato, tra l’altro, anche sulla «… consistente partecipazione di amministratori e dipendenti comunali alla cerimonia funebre di un noto pregiudicato».
Nel caso stabiese, da quanto emerge dalle prime verifiche, ci sarebbero diversi consiglieri comunali imparentati con pregiudicati legati alla criminalità.
Un’altra causa di scioglimento può essere rappresentata dal condizionamento mafioso del voto. Al riguardo, oltre ai casi di campagne elettorali condotte per mezzo di minacce, intimidazioni o con l’esercizio di forti pressioni sia sulle liste avversarie sia sugli elettori, sono presi in considerazione anche gli episodi in cui si registrano ingiustificati spostamenti di grandi quantità di voti tra il primo turno ed il ballottaggio, in conseguenza della modifica delle alleanze o dell’assunzione di nuovi accordi in merito alla spartizione degli assessorati. Nel caso stabiese sono agli atti denunce di intimidazioni durante la campagna elettorale e nel turno di ballottaggio.
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Si rischia lo scioglimento non solo per le condotte politiche, ma anche per il comportamento dei funzionari dell’ente e di eventuali irregolarità amministrative. Particolare rilevanza assumono le procedure del settore urbanistico, che ha sempre fatto gola alla camorra per l’ottenimento di licenze e soprattutto la gestione dei lavori edili, attraverso i quali i clan sono capaci di imporre ditte, manodopera e forniture. Oltre al settore urbanistico, ve ne sono altri in cui le irregolarità amministrative si manifestano, anche palesemente. Basti pensare all’affidamento dei servizi di guardiania o degli incarichi di custode, alla erogazione di contributi per manifestazioni ed eventi promossi da soggetti vicini ai gruppi mafiosi.
Ma la domanda più frequente è la seguente: cosa rischiano i consiglieri comunali in caso di scioglimento per infiltrazioni mafiose? Secondo il comma 11 dell’articolo 143 del Tuel, «gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni per la Camera dei deputati, per il Senato della Repubblica e per il Parlamento europeo nonché alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, in relazione ai due turni elettorali successivi allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo».
Quindi, non tutti i consiglieri comunali, ma solo quelli che saranno oggetto di una prescrizione dal parte del prefetto. In ogni caso resteranno fermi ai box per due tornate elettorali. (Emidav)
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