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Violenze al reparto Nilo striscione a Pozzuoli: ‘Il carcere è tortura’

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Pozzuoli. Violenze al reparto Nilo di Santa Maria, striscione a Pozzuoli: “Penitenziaria=Mafia il carcere è tortura. Aboliamo!’.

<span style="font-size: 1.1429rem;">I sindacati della polizia penitenziaria invitano ad abbassare i toni, mentre in tutta Italia si registrano manifestazioni di odio contro gli agenti, tanto che il provveditore reggente delle carceri della Campania, Carmelo Cantone che ha sostituito Antonio Fullone, sospeso dal servizio e indagato nell’inchiesta sugli episodi del 6 aprile 2020 nel reparto Nilo, ha consiglia ai poliziotti della Penitenziaria a non andare a lavoro in divisa. 

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Ieri, dopo gli striscioni e i manifesti apparsi a Roma e Cagliari, anche a Pozzuoli è apparso uno scritto contro il carcere e la polizia penitenziaria: Penitenziaria=Mafia” si legge. 

L’invito ad abbassare i toni è arrivato da Giuseppe Moretti, presidente dell’Unione dei Sindacati della Polizia Penitenziaria (USPP) che commentando un video dei giorni scorsi dello scrittore Roberto Saviano dice: “E’ ancora forte l’eco dei fatti avvenuti a Santa Maria Capua Vetere. C’e’ chi parla e chi straparla. C’e’ chi cerca di comprenderne le ragioni e c’è chi ha già condannato, senza la celebrazione di un processo, non solo i protagonisti degli atti di violenza, ma l’intero Corpo di polizia penitenziaria. C’è chi cerca di ricostruire fedelmente i fatti che si sono verificati e c’è li mistifica, con ricostruzioni fantasiose”.  L’Uspp ha chiesto al Ministro della Giustizia Marta Cartabia “di intervenire energicamente a tutela dell’immagine dei 37.000 poliziotti penitenziari, che ogni giorno lavorano nelle carceri italiane con professionalità e zelo”.

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Sul fronte giudiziario, invece, ieri 5 luglio, Antonio Fullone – provveditore delle carceri campane – sospeso dal servizio per depistaggio e favoreggiamento si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare. Fullone (difeso dall’avvocato Sabina Coppola), raggiunto da una misura interdittiva, nell’ambito dell’inchiesta sugli episodi di violenza nel Reparto Nilo del carcere sammaritano, del 6 aprile 2020, non ha risposto alle domande del Gip, cosi’ come quasi tutti gli agenti della Penitenziaria raggiunti dalle misure restrittive e interdittive e sentiti nei giorni scorsi, limitandosi a rendere una dichiarazione spontanea in cui ha respinto le contestazioni, e ha spiegato di voler rispondere solo dopo aver letto e studiato tutti gli atti dell’indagine.

Per la procura, Fullone avrebbe autorizzato la “perquisizione straordinaria” del 6 aprile 2020 al reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere, ritenuta “arbitraria” dalla stessa procura e dal gip, e realizzata, a detta degli inquirenti, per punizione e rappresaglia dopo quanto accaduto il giorno prima, quando i detenuti del Nilo si barricarono nel reparto dopo aver avuto notizia della positivita’ al Covid di un detenuto dell’istituto. Fullone e’ anche accusato di depistaggio, ovvero di aver ostacolato le indagini della Procura. Ieri sono anche stati sentiti altri agenti della Penitenziaria indagati finiti agli arresti domiciliari; in particolare gli esperti poliziotti coordinatori Giuseppe Conforti, 60 anni, e Raffaele Piccolo, 56 anni (entrambi difesi dall’avvocato Angelo Raucci), che, come Fullone, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere rendendo dichiarazioni spontanee, in cui hanno respinto le accuse senza entrare nel merito.


Articolo pubblicato il giorno 6 Luglio 2021 - 09:56



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