Saranno processati con il giudizio immediato i fidanzati assassini di Avellino, Giovanni Limata ed Elena Gioia che la sera del 23 aprile scorso uccisero il padre di lei, il 53enne Aldo Gioia, mentre dormiva sul divano di casa.
Il gip del tribunale di Avellino, Paolo Cassano ha accolto la richiesta avanzata dal sostituto procuratore Vincenzo Russo e ha fissato l’inizio del processo per il 27 ottobre prossimo. Troppo evidenti sarebbero le prove a carico dei due fidanzati di 23 e 18 anni. Un delitto progettato da entrambi, che si sentivano ostacolati nella loro relazione, cominciata un paio di anni fa.
Agli atti dell’indagine le confessioni dei due, nonostante sulle prime avessero cercato di sviare gli inquirenti raccontando di un tentativo di rapina finito male. Entrambi sono reclusi nel carcere di Avellino e non si incontrano dalla sera del delitto, quando, dopo un fitto scambio di messaggi in chat, Elena diede le ultime disposizioni al fidanzato, arrivato ad Avellino con un passaggio.
Gli lascio’ la porta di casa aperta e lui, armato di un coltello da caccia, entro’ e si avvento sul padre di lei, barricata nella sua stanza a preparare gli zaini per la fuga.
Nel salotto di casa Gioia, in corso Vittorio Emanuele, accorsero la moglie di Aldo Gioia, Liliana Ferraiolo, e la figlia piu’ grande Emilia, di 23 anni. Giovanni aveva gia’ sferrato 14 coltellate, ma Aldo era ancora vivo. Le urla delle due donne fecero desistere il giovane dal proposito di sterminare tutta la famiglia, come aveva concordato con Elena. Il giovane scappò, mentre nell’appartamento arrivano i soccorritori del 118 e la polizia.
Persino il padre agonizzante cerco’ di proteggere la figlia, dicendo di non aver visto chi lo aveva aggredito. La moglie prima confermo’ la versione dell’uomo, ma quando in ospedale Aldo Gioia morì, spinse la figlia a confessare tutto. Giovanni Limata fu arrestato nel corso della notte a Cervinara, nella casa dei genitori, dove era tornato dopo aver chiesto aiuto a un’amica.
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I due giovani sono accusati di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione “consistita nella pianificazione lucida e meticolosa di tutte le fasi dell’agguato mortale”, come si legge nel capo d’imputazione notificato ai due imputati e ai loro legali.
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