Disabilità e covid: Fabrizia, 62 anni, affetta dalla sindrome di Down ce l’ha fatta. Un messaggio di speranza per l’incubo pandemia.
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A raccontare una storia per fortuna a lieto fine è la sorella di Fabrizia, Cinzia che l’ha riportata a casa il 26 giugno scorso. Oggi ha raccontato le difficoltà vissute dalla sorella e la paura che le è rimasta di rimanere sola, senza i punti di riferimento di una vita.
Fabrizia è stata ricoverata 93 giorni nei reparti Covid di malattie infettive, terapia intensiva e pneumologia dell’ospedale San Donato di Arezzo. Poi ha dovuto affrontare la riabilitazione.
Ha attraversato tutti i livelli di assistenza per il covid dal casco alla tracheotomia. Dal reparto di malattie infettive, rianimazione, pneumologia, fino alla riabilitazione e infine a casa. Un percorso durissimo anche a causa della sua disabilità, superato grazie al sostegno di medici e infermieri che con grande impegno e professionalità l’hanno curata. Lei che ha perso i suoi punti di riferimento in questi mesi, ha trovato tante persone di famiglia lungo il suo difficile calvario.
La sua storia oggi è stata pubblicata sul sito dell’azienda sanitaria di Arezzo. Una bella storia a lieto fine in cui, grazie alla professionalità dei medici, la donna affetta da una grande disabilità è riuscita a superare il mostro Covid.
Le foto del suo percorso sono emblematiche: una prima foto la ritrae distesa su un letto che sembra troppo grande per lei, attaccata alle macchine, circondata da tubicini. Nella seconda è appoggiata ad un corrimano e sostenuta da una mano amica: è in piedi.
Fabrizia è una delle ultime pazienti che ha lasciato la degenza Covid dell’ospedale San Donato di Arezzo.
E’ rimasta in terapia intensiva Covid fino al 27 aprile quando è stata trasferita nel “terzo polo” delle degenze Covid del San Donato, quello di pneumologia diretto dal dottore Raffaele Scala. “Qui, grazie anche alla grande competenza e attenzione ricevuta da tutto il personale, le sue condizioni sono progressivamente migliorate fino a consentirle, il 31 maggio, di passare al reparto di recupero e rieducazione funzionale diretto dalla dottoressa Rosanna Palilla, dove gli operatori hanno accompagnato Fabrizia nella sua ripresa, fino a rimetterla in piedi e camminare” dice la sorella Cinzia. Il 26 giugno ha lasciato l’ospedale ed è tornata a casa ad Arezzo dalla sua famiglia.
“Il ringraziamento a tutti coloro (medici, caposala, infermieri, fisioterapisti, oss) che hanno avuto cura di mia sorella non è retorica –
dice Cinzia -. Sono consapevole che Fabrizia non è stata una ricoverata come le altre. Se un paziente ordinario va in ansia per un ricovero ospedaliero, proviamo ad immaginare cosa accade a una disabile che da un momento all’altro viene sradicata dal suo ambiente sicuro e protetto, circondata dall’affetto dei suoi familiari, con ritmi di vita ormai consolidati e catapultata in un reparto Covid, dove è difficile vedere in faccia le persone, impossibile toccarle, complicato accettare le cure”.TI POTREBBE INTERESSARE ANCHE: Per il Gimbe casi covid in aumento +5% dopo 15 settimane di calo
Per un disabile l’abbinamento operatori sanitari – familiari è irrinunciabile: “Loro pensano alla parte medica, noi dobbiamo pensare a quella psicologica, anche in questo caso con l’aiuto dei professionisti. Penso che le sia rimasta la paura di restare sola. Prima non lo era mai stata – dice Cinzia – quando capisci cosa sia il Covid, ne rimani terrorizzato. Impari a vivere giorno per giorno, sperando che un nuovo giorno ci possa essere davvero”.
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