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Castellammare, scacco ai predatori del mare: 113 indagati. IL VIDEO

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Tre anni di indagini, 113 indagati, 250 capi di imputazione e sei chilometri di costa, tra le piu’ belle della provincia di Napoli, irreversibilmente danneggiata.

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Nella mattinata odierna la Guardia Costiera – Capitaneria di Porto, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata su richiesta di questa Procura della Repubblica, ha proceduto all’arresto di 18 persone, delle quali 7 destinatarie della misura coercitiva della custodia cautelare in carcere ed 11 poste agli arresti domiciliari, nonché ha sottoposto altre 2 persone alla misura coercitiva dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, mentre una terza persona destinataria di tale obbligo di presentazione è attivamente ricercata, tutte gravemente indiziate dei reati di disastro ambientale, ricettazione ed associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una pluralità di reati concernenti la pesca illegale dei datteri di mare.

L’operazione è stata eseguita con il supporto fornito dal personale di diversi comandi territoriali del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera.

La Guardia Costiera, in esecuzione del contestuale decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata su richiesta di questo Ufficio e di decreti di perquisizione e sequestro emessi da questa Procura della Repubblica, ha proceduto altresì al sequestro di 5 box/garage destinati al deposito e allo stoccaggio dei datteri di mare, 8 autovetture, 4 motocicli, 19 mute subacquee, 25 bombole per l’immersione subacquea, 16 retini da pesca, 6 paia di pinne da sub, altre 35 attrezzature subacquee varie (martelli e pinze estrattrici per la raccolta del dattero di mare), 40 telefoni cellulari, 15 sim card, la somma di denaro di oltre 18.000 euro in contanti, 2 PC portatili, 1 tablet, nella titolarità/disponibilità dei suddetti indagati.

I reati per cui si procede, oltre a quelli per i quali sono state emesse le misure cautelari personali, sono quelli di danneggiamento aggravato, distruzione di un habitat all’interno di un sito protetto, distruzione di bellezze naturali e commercio di sostanze alimentari nocive.

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Le indagini, condotte dalla Guardia Costiera, anche mediante intercettazioni e interventi in mare, e coordinate dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, hanno consentito di accertare l’esistenza di una vera e propria stabile organizzazione criminale, della quale facevano parte i 21 soggetti destinatari delle misure coercitive, operante dal luglio 2016 nei comuni di Castellammare di Stabia, Vico Equense, Piano di Sorrento, Meta di Sorrento, Sorrento, Massa Lubrense, dedita in maniera professionale e sistematica, con ripartizione di compiti e di ruoli e predisposizione di mezzi e di persone, alla raccolta e alla messa in commercio illegali sia dei datteri di mare (lithophaga – lithophaga).

datteri

La raccolta, la detenzione, la vendita e il consumo dei quali sono vietati sin dal 1998, che delle vongole veraci di Rovigliano (venerupis decussata), contaminate batteriologicamente e chimicamente e quindi pericolose per la salute dei consumatori, in quanto raccolte in uno specchio di mare prospiciente la foce del fiume Sarno, catalogato come Zona Proibita a causa della presenza di sostanze altamente inquinanti tra cui idrocarburi e metalli pesanti, nella quale è vietata la raccolta e l’allevamento dei molluschi bivalvi.

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Il reato di associazione per delinquere, finalizzato alla commissione del reato di disastro ambientale, di danneggiamento aggravato, ricettazione e messa in commercio di prodotti pericolosi per la salute umana, è contestato con condotta attualmente perdurante e come aggravato dall’aggravante ambientale.

Sono state documentate attività di pesca di frodo di datteri di mare anche nelle date del 3.2.2021, 5.2.2021, 11.2.2021, 26.2.2021, 6.3.2021 e 18.3.2021, a dimostrazione dell’attualità della operatività del sodalizio criminoso destinatario delle misure cautelari.

Le indagini espletate hanno consentito di accertare e documentare, altresì, il disastro ambientale, cagionato, dal luglio 2016 al novembre 2020, dall’azione degli attuali indagati mediante la sistematica distruzione di rocce e scogli da cui estrarre i datteri di mare, frantumando meccanicamente, con martelli a doppia punta, le formazioni calcaree in cui sono alloggiati i datteri di mare nei seguenti tratti costieri della Penisola Sorrentina, per un tratto costiero complessivo di 6.630 metri lineari: Capo di Sorrento – Bagni Regina Tonnarella, Banco di Santa Croce, località Alimuri ex “mostro” Meta di Sorrento, Punta Scutolo – Vico Equense, Punta Campanella – Località Fossa Papa Massa Lubrense, Località La Solara – Sorrento, Località Le Mortelle – Punta Montalto Massa Lubrense, Scoglio Isca – Massa Lubrense, Scoglio Penna – Massa Lubrense, Marina di Puolo Sorrento – Massa Lubrense, Punta Sant’Elia – Massa Lubrense, Scoglio Vervece – Massa Lubrense.

Il disastro ambientale accertato è rappresentato:

– dalla distruzione completa della comunità di organismi “bentonici” che insistevano sullo strato superficiale delle rocce, fino a 10/15 mt di profondità, con conseguente “disequilibrio ambientale” che ha portano ad “alterazioni irreversibili dell’ecosistema marino” con la completa desertificazione di aree ad elevata biodiversità e la “perdita di importanti servizi eco-sistemici”;

– dall’alterazione irreversibile del sistema costiero, derivante dalla perdita irreversibile del “bene geologico”, identificato nelle formazioni di roccia carbonitica di particolare pregio naturalistico – geologico, derivanti da attività di organismi come coralli e lamellibranchi presenti sotto forma di resti fossilizzati all’interno della massa rocciosa in un intervallo temporale di circa 150 milioni di anni

provocando un “danno permanente” dovuto non solo all’escavazione ed all’asportazione definitiva di interi pezzi di roccia frammentata dal fondale

ma anche alla morte di milioni di organismi e micro-organismi che vivono sulla roccia stessa, in conseguenza di una situazione complessiva di “degrado” degli “ecosistemi marino-costieri” i quali conseguenzialmente ed inevitabilmente vengono resi molto più fragili e meno resistenti agli “stress ambientali”, verificantisi lungo la fascia costiera

– dall’alterazione irreversibile dei rilievi sommersi e dalla conseguente modifica ed alterazione della direzione, del tipo di flusso e dell’energia delle correnti locali che si originano dall’interazione con la circolazione superficiale, con conseguenze sul transito sedimentario e sui processi di erosione e sedimentazione che agiscono sul fondo del mare, cagionando comunque delle alterazioni dell’equilibrio dell’ecosistema marino e costiero la cui eliminazione risulta notevolmente complessa da un punto di vista tecnico e particolarmente onerosa in termini economici.

Il disastro ambientale è aggravato dal fatto di essere stato prodotto all’interno dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella e della ZTB (Zona Tutela Biologica) del Banco di Santa Croce ed ai danni dell’habitat di scogliera della Penisola Sorrentina, incluso nella “Direttiva Habitat 92/43/CEE – Rete Natura 2000”, come habitat d’interesse comunitario e di tutte le specie ad esso associate, e in danno di una specie protetta, vale a dire, il c.d. dattero di mare.

L’alterazione dell’ecosistema marino e la compromissione della biodiversità sono state appurate con la collaborazione di un team di esperti di zoologia, ecologia e geologia ambientale di cui si sono avvalse le indagini.

In particolare, gli accertamenti effettuati dalla Stazione Zoologica Anton DOHRN di Napoli, all’esito della campagna di monitoraggio subacqueo del 2017, in ordine all’impatto derivante dalla raccolta di frodo del dattero di mare nei tratti di costa della Penisola Sorrentina interessati dalle investigazioni, hanno acclarato che la rimozione dello strato superficiale della roccia, necessaria per il prelievo del mollusco bivalve, ha comportato la distruzione completa della comunità di organismi bentonici che ivi insistono e la diminuzione della complessità strutturale del substrato, determinando importanti squilibri ambientali, che portano ad alterazioni “irreversibili” dell’ecosistema marino con la completa desertificazione di aree ad elevata biodiversità e la perdita di importanti servizi eco-sistemici, i cui effetti sono ancora visibili dopo oltre 20/25 anni anche nei casi in cui vi sia stata la completa cessazione di tale pratica illegale.

E’ emerso che tutte le zone oggetto della campagna di monitoraggio subacqueo del 2017 presentano un “valore di danno elevato”, in quanto ampie porzioni di costa appaiono completamente desertificate dall’azione predatoria dei “datterari”, che ha interessato anche gli strati più profondi della costa sul limite inferiore di distribuzione della specie, sino alla profondità massima ove il dattero di mare cresce nella roccia, pari a circa 15/20 metri.

Il CNR IAMC (Istituto per l’Ambiente Marino Costiero di Napoli), con riferimento agli effetti dell’estrazione meccanica del dattero di mare sugli ambienti bentonici e sul bene geologico, ha evidenziato come l’azione meccanica dell’asportazione del mollusco bivalve comporti la distruzione di tutti gli organismi bentonici (flora e fauna) e la sottrazione irreversibile di materiale litoide fino ad una profondità sulla parte rocciosa di 1-15 cm rispetto alla originaria superficie, per un’area di qualche metro quadrato interessato di volta in volta dall’azione predatoria.

Da tale azione deriva, tra l’altro, l’alterazione dei fondali che ricevono il materiale litoide sciolto proveniente dall’azione meccanica di frantumazione delle pareti rocciose, alterando così i caratteri ecologici dei fondali, con conseguente alterazione degli ambienti marini ed impatto sulla produttività dell’intero sistema bentonico (flora e fauna).

L’altro aspetto legato all’asportazione meccanica di materiale litoide, conseguente alla raccolta di frodo del dattero di mare, è la perdita irreversibile del bene geologico identificato nelle formazioni carbonatiche formanti l’area in esame (tratti di costa della pareti rocciose della Penisola Sorrentina da Vico Equense a Punta San Germano – Massa Lubrense).

Per il CNR gli effetti di tale pratica possono essere riassunti in quattro punti fondamentali: 1) distruzione dell’habitat di scogliera; 2) desertificazione del paesaggio sommerso; 3) danni al bene geologico; 4) possibile impatto sulla dinamica dei fondali.

L’approfondimento scientifico condotto dall’Università Parthenope, istituto di Ecologia Marina, a seguito di una seconda campagna di monitoraggio subacqueo effettuata nel 2019 nelle stesse zone d’immersione dei tratti di costa della Penisola Sorrentina, ha accertato la presenza in media di 1.500 fori per ogni mq., indice di un’azione predatoria continuativa nel tempo, tale da rendere molto più fragili gli ecosistemi marini costieri, provocando in tal modo un “danno permanente e potenzialmente irreversibile”, dovuto non solo all’escavazione e all’asportazione definitiva di interi pezzi di roccia frammentata dal fondale, che ovviamente non possono più essere reintegrati nello stesso, ma anche alla morte degli organismi che vivono sulla roccia stessa e di conseguenza al degrado complessivo degli ecosistemi costieri, che vengono resi sempre molto più fragili e meno resistenti agli “stress ambientali” che in genere si verificano in maggior numero proprio lungo la fascia costiera d’interesse.

La Stazione Zoologica Anton Dohrn, analizzando: 1) la stima dei costi per il recupero e restauro delle porzioni di habitat dell’ecosistema danneggiato; 2) il danno economico dovuto alla consequenziale perdita di servizi ecosistemici dell’habitat danneggiato, sulla scorta dei parametri forniti dalla campagna d’immersione subacquea del 2019, ha stabilito che il costo del restauro dell’habitat preesistente è pari a circa 3.000,00 euro/mq..

L’ulteriore approfondimento scientifico da parte della Stazione Zoologica Anton Dohrn ha documentato il bio-accumulo dei metalli pesanti nei datteri di mare, il consumo dei quali deve essere considerato rischioso per la salute umana, in ragione della notevole capacità, di tale mollusco, di bio-accumulo di metalli pesanti in traccia, risultata ben al di sopra dei limiti di legge, tale da renderlo “tossico per l’alimentazione umana”.

I numeri dell’inchiesta:

– 113 indagati;

– 245 capi di imputazione;

– oltre tre anni di indagini;

– oltre 150 attività di riscontro sul campo;

– 123 episodi di ricettazione di datteri di mare accertati;

– oltre 2 tonnellate e mezzo (2.508,9 kg.) di datteri sequestrati nel corso delle indagini;

– oltre 675 kg. di vongole veraci di Rovigliano sequestrate nel corso delle indagini;

– oltre 6 chilometri costa (6.630 metri lineari) devastati dall’azione dei datterari;

– un giro d’affari stimato in oltre 100 mila euro al mese.

Le indagini sono state finalizzate alla tutela dell’ecosistema e della biodiversità all’interno delle aree marine protette della costiera sorrentina, che rientra nei compiti istituzionali, quale attività prevalente, del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera e costituisce una delle priorità dell’azione della Procura della Repubblica di Torre Annunziata.


Articolo pubblicato il giorno 28 Luglio 2021 - 18:40 / di Cronache della Campania


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